SCAPPO DALLA CITTA’: LE CIME, LE LAMINE & LA BIRRA.

  • DOVE: Val Maira, lontano nel Piemonte recondito;
  • CIME: Bric Cassin mt 2.640  e Cresta Punta Bernoir, passando poi per Colle Rocca Brancia, Colle Oserot e Colle Vittorio;
  • SVILUPPO & DISLIVELLO: in totale una 20ina di Km per 1.700 mt D+
  • METEO: azzurro;
  • NOTE: una moltitudine rappresentata solo da noi presso il Rifugio La Gardetta.

“Eravamo solo noi!” ….avrebbe cantato qualcuno.

La due giorni passata in Val Maira ci ha richiamato un po’ i tempi andati. Dove i weekend per monti avevano il sapore genuino del Gruppo; se poi aggiungiamo che eravamo ‘sperduti’ a 2.340 metri nell’unico riparo e all’interno di un circolo “glaciale”, beh possiamo ritenerci fortunati in questi inverni che di vero hanno solo il nome.

Val Maira la nostra culla, SA1 il vero obiettivo, il relax il risultato, dopo la fatica. Mai-sotto-i-mille è l’architrave del benessere, la pietra angolare che ti rende consapevole di quanto dobbiamo aver cura dei posti che visitiamo o possiamo vedere e che negli ultimi tempi risultano compromessi o delicatamente in declino.

Organizzazione perfetta, meteo che più di così non si può ma, soprattutto, due rifugisti coi fiocchi. Ci hanno coccolato dal primo all’ultimo minuto con accoglienza, simpatia, disponibilità e cibo: una chicca.

Rifugio La Gardetta che ricorderemo con estremo piacere e che è diventato un nido d’aquila in cui posare se stessi anche in futuro; sapremo come e dove andare per altri giri facendo tappa qui.

Per arrivarci una vasca! Se poi lo fai percorrendo tutti i centri storici del Piemonte, minchia che brodo lungo. I navigatori quando entrano in Piemonte ti fanno visitare tutto quello che normalmente uno non si fila, mentre noi, di nostro, abbiamo questo incredibile pregio: quando arriviamo in certi posti l’economia del luogo rifiorisce, dovrebbero darci un superbonus.

Partiamo da Chialvetta sci-muniti e subito il torrente ci crea qualche problema sulla traccia e la sua fattibilità; non ci scoraggiamo e, passate alcune baite che formano piccoli agglomerati, ci inoltriamo nella valle che ben presto piega verso sud. Il tragitto è piuttosto lungo e, mentre tre giovani leve si staccano per salire un canale classico del posto, noi seguiamo la morfologia del vallone come dei segugi addestrati. La caldazza diventa insopportabile, ma quello che spaventa è che, di questo passo, la stagione dello scialpinismo durerà un paio di giorni.

Arriviamo al Passo (alto) della Gardetta che non tira quasi vento: siamo a 2.450 mt e sembra di essere agli scogli col pedalò. La stanchezza comincia a pesare, ma non si molla e la vetta è vicina; qualche sforzo e siamo in cima, da cui si vede il Re!

La solita pacca sulle spalle, una foto di gruppo, il tempo di rimettere l’anima (sputata) al suo posto, un thé caldo e via, nuovamente verso il basso. Al di là del Passo la nostra meta per la notte: un rifugio molto grazioso, posizionato in un immenso pianoro circondato da montagne. Chi ha dato origine al Creato non aveva alcun metro di paragone, quindi complimenti alla scelta: ha lasciato ventitré scalmanati molto stupiti. Non c’è acqua e quindi dobbiamo arrangiarci, ma l’arte è una cosa preziosa e aiuta anche a capire come far di necessità virtù. Davanti a noi c’è la Rocca la Meja, una cima estetica che affascina tutta la conca, non si può non gettarvi l’occhio.

Alle 17.00 circa lezione di stratigrafia del manto nevoso, condotta magistralmente da Massimiliano, il nostro nuovo nivologo; appassionato e preparato ci ha condotto nei vari strati più o meno deboli del manto di neve per comprenderne rischi e segreti.

Verso le 18.00 inizia l’aperitivo e si parte con un salame…..da qui alle 21.30 abbiamo mangiato di ogni: ci hanno deliziato con una serie di piatti che non potevamo immaginare. Ambiente riscaldato da noi e da un cannone a gas usato per i boeing 747….praticamente ciulato da sotto l’ala: due minuti ed il soggiorno era un bijoux, per non parlare di Mimì, una cagnolina simpatica che ci ha affiancato dal divano.

Andiamo a dormire in due camere: quella dei russatori e quella senza; tutto sommato notte tranquilla, un leggere venticello sonoro, ma niente di drammatico: diciamo che dalla notte escono un bel paio di perline che ritroviamo ai piedi di Giuseppe (l’allievo).

Ci svegliamo alle 6.30 con un’alba da ricordare; purtroppo il sole non potevamo vederlo spuntare, ma le immagini aiutano a capire la bellezza del posto.

La colazione è un’altra chicca: ogni ben di Dio e con più tornate; dalla Nutella alla Torta, passando da ogni tipo di bevanda. Insomma, partiamo satolli ma ci dividiamo: 2/23 decidono per tornare al Passo e verso la Cima del Bric Cassin, gli altri percorrono una cima ed un paio di colli prima di rientrare nel fondo valle.

Il rientro passa da una birra, un panino con tre metri di cotenna e tanta tanta strada.

Ci abbiamo creduto ed è stato bello farlo; come non tornare contenti? Adesso il corso è finito, ci ritroveremo in Sede ad asciugare qualche lacrima e a riflettere sulle pecche e su come migliorare: un anno in più, sempre meno neve, uno per tutti e una nuova divisione dei compiti per i nuovi impegni, insomma tutte le operazioni in poche semplici manovre.

Prossimo step fuori zona: la mitica cena di fine corso.

I Piemontesi: Anna, Alessia, Patrizia, Mariella; Giuseppe (il Capo), Giuseppe l’allievo, Frà, Luca e Paolo, Paolinux, Massimiliano, Alfredo, Gigi, Andrea, Lorenzo, Iginio, Barney, Massimo, Roberto, Pier, Francesco, Augusto e Patajean.

by Patajean