C’era una volta la cima!
In cima c’è sempre spazio, ma non per noi….questa volta! Forse potremmo iniziare dalla fine e parlare di crack fallimentare, poi però dovremmo ricordarci anche che cadono le Borse, la Grecia è a pezzi, che l’entusiasmo vola e quando skagazza, a meno che non abbia le sembianze di una mucca, potrebbe anche schivarci. Infine potremmo anche ammettere che ieri avremmo potuto ritrovarci in mezzo alla tangenziale a raccogliere ortiche per un risotto che ci sarebbe rimasto sullo stomaco per i quantitativi di piombo……………….insomma, per farla breve e sempre dentro il vaso, potremmo anche sbilanciarci nel dire che è andata come è andata: un pochettino con quel termine là che non riesco proprio a scrivere (oggi!), magari anche con quel colorino lì che adesso non ricordo bene (sempre oggi!), magari anche con quel profumino tipico dei momenti difficili (quasi sempre!).
Possiamo anche partire dal fatto che quando si è in macchina per la Valle d’Aosta è inutile ascoltare il mitico Ligabue che canta “Sole, pioggia, neve & tempesta!”…..o al massimo è buona norma interrompere la linea e suggerirgli di aggiungere anche “vento becco”.
Desio…..mese di febbraio: si decide nell’ambito del Consiglio Cai di organizzare una gita alpinistica al Castore (nel Gruppo del Rosa) con il supporto degli istruttori della VdS, almeno con quelli desiani. Mese di maggio e giugno: fervono i preparativi e le e-mail con le istruzioni del “gioco”; mese di luglio: finalmente si scartano i regali e si applicano le istruzioni!
E’ sabato 23 luglio il giorno in cui vengono lanciati i dadi: non conta chi c’è o, meglio, chi c’è conta, ma non correttamente! per capire chi ci doveva essere ci abbiamo messo parecchio, ancor di più per capire se quelli che c’erano erano realmente presenti e magari, a tempo perso, contassero! ……..minkia troppo complicato dare spiegazioni……….questa parte comunque è meglio saltarla (ndr: chi non c’è stato probabilmente rischia un collasso neurologico e quindi è dispensato dalla lettura….può fare quattro passi avanti e leggere dal punto successivo!).
Partiamo in 25 (!) anche se in realtà pensiamo di essere 24 (……adesso è più chiaro!???) e ben presto entriamo nel cuore della Valle di Gressoney, dove emergono quei colori tersi che segnano in maniera forte questo periodo e dove il contrasto verde-azzurro-bianco ti regala la parola “ferie” anche solo come illusione.
Parcheggiamo e ci apparecchiamo per la salita al Rif Q. Sella a 3.580 mt circa; con fare oscuro & meschino ci avviciniamo alla biglietteria, usciamo il cilindro, confondiamo le acque, facciamo della confusione il nostro credo e via……paghiamo per 24 con il resto di 1 gratuito. Tutto lampeggia, tutto fa dire che il numero è 25, ma noi arriviamo al Colle di Bettaforca pagando per 23. C’è ancora da capire come sia stato fattibile, però credo che ormai sia come lo scudetto del 2006: assegnato!!!
L’acclimatamento di solito vuole la calma al centro del mondo e magari un campo di verze con un tavolino e la sputacchiera per sfogliarle…….noi abbiamo lasciato a casa tutto e le verze erano sotto di noi di circa 1.000 metri nei giardini delle casette…..quindi abbiamo messo solo le gambe in spalla e ci siamo diretti alla meta. Dal sole alle nubi, dalle nubi alle goccioline….da qui ai fiocchi è un attimo: giusto il tempo di passare attraverso la cristallizzazione della condensa. Il resto è fatto da un marciume di rocce e da una cresta aerea ed interessante che ha reso l’uscita un po’ pepata e un po’ Gardaland.
Alle 13.30 circa siamo al nostro campo base: ogni tanto bisogna prendere la testa del vicino che gira e rimetterla a posto, ogni tanto bisogna fare con la testa ciò che si fa quando la gomma della bicicletta è troppo gonfia. C’è chi non ha ritegno e riesce a sbafarsi di tutto, poiché il suo metabolismo si è messo la muta ed è pressurizzato alla quota di Staffal e chi, invece, fa a botte col cranio che si rifiuta persin di sentire l’odore del cibo. Passiamo il tempo fra un cantico, un pisolino e la prova dei calzoni (meno male che qualcuno aveva solo la calzamaglia e non c’era in giro Armani……altrimenti oggi eravamo ancora lì).
Tirare le 19.00 per la cena è come farla in un periodo di stitichezza…..è dura, si fa fatica e porta via minuti preziosi…..e non c’è neanche soddisfazione.
Mangiamo insieme alle galline (e forse anche con le mucche e le pecore….magari pensando all’agriturismo tipico del Trentino!) appollaiati su panche e sgabelli abbastanza scomodi e senza poter fare kokkodé, e poi portiamo lo stomaco a riposare altrove perché lo spazio è sempre tanto quando non lo si occupa ed il secondo turno della cena è in arrivo!!!
Alle 20.20 arriva il bollettino meteo che viene sommerso da sguardi attenti e pieni di ansia; diceva: “le trasmissioni, quelle che volete voi, riprenderanno presto, ma forse non proprio come desiderato e, ad ogni modo, da lunedì”……Ora, sappiamo che la sfiga ci vede benissimo e noi siamo andati a vedere se è vero, sappiamo anche che bisogna crederci fino in fondo e noi la Fede la teniamo da conto, ma soprattutto sappiamo che le cose non capitano mai per caso e lo scopriremo!
Alle 21.00 più o meno, con le teste fra le mani, ci corichiamo per una notte che è la “notte da rifugio”, per di più a quasi 3.600 metri. I venti erano in attenuazione, ma non certo durante quelle ore!
Ore 4.10 sveglia: il gallo era congelato e quindi ci siamo accontentati degli orologi, ma il vento che sferzava non lasciava presagire nulla di buono; già verso le 3.00 di mattina siamo stati in “angoscia” per il gallo……probabilmente catapultato in Himalaya da qualche raffica, ma poi uscendo per la pipì ci siamo resi conto della realtà.
E’ incredibile, ma è sempre così quando l’imprevisto passa dall’essere un semplice cartoncino arancione ad una parte integrante del nostro attimo quotidiano! e spesso sembra di essere in un reparto del manicomio: gente che parla da sola, chi cammina alla ricerca di un perché, chi già sa che non potrà “kagar giù” il report su On-Ice; tutti che camminano consumando millimetri di pavimento, chiedendosi cosa ne sarà di loro senza una cima! Chi pensa al suicidio come toccasana; chi si pettina coi raudi, per giustificare l’imprevisto, chi comincia a chiamar casa per dirlo alla moglie, chi immagina le scudisciate della suocera, inkazzata al cubo perché oltre ad essere andato via non ha concluso una cippa!
”Cosa dirà il dottore senza una dose settimanale di cime???” Chi è preoccupato perché ha aperto un mutuo per il Rosa, ma non riesce ad ammortizzare le rate e per ogni cima mancata deve andare a pagare pegno a piedi a Macugnaga.
Ahimé, se fosse così sarebbe più che triste! Va bene lo scoramento, ma occhio all’odore: se è troppo, finisce per nauseare!!!!
Teniamo duro, terminiamo la colazione, facciamo finta di essere a 8.000 metri in attesa di una finestra e….finalmente partiamo dai blocchi per una sortita che ci dia almeno il beneficio di dire che ci abbiamo provato (qui non costava quasi nulla!). Non ricordo se siamo stati noi a scatenare la corsa all’uscita, fatto sta che tutto il rifugio si è kagato fuori all’improvviso, tutti armati fino ai denti. Potremmo definirlo un orgasmo d’alta quota all’inverso: fuori e dentro; avremo fatto 200 metri e poi siamo rientrati, tutti insieme, tutti ordinati! 150 persone che fanno una fatica immane per partire, le raffiche di vento con temperature percepite paurose e la corda che diventa una coda da mettere tra le gambe per ammettere che con queste condizioni è meglio non scherzare (tanto il vento non ha spostato nulla, è tutto là ancora). Si torna e molti capiranno il perché. La cosa bella di questa esperienza (e lo dico solo perché più di uno me lo ha fatto notare) è quello che ha lasciato e forse il bello di tutto quanto abbiamo vissuto in questo weekend sta nascosto qui.
La preoccupazione di scendere la cresta articolata che sta sotto il rifugio, non proprio banale con tempesta e neve, l’ipotesi che il vento in attenuazione sia una bufala, lo scoramento e i tempi ormai lunghi fanno si che il gruppo decida di portare le proprie terga verso Bettaforca.
Dopo un’estenuante e lunga discesa, ci sparecchiamo al parcheggio e ritroviamo il 26iesimo: Giovanni Casanova…..da Milano. E’ stato letteralmente baccagliato da una fugace biondona della Borghesia Milanese, che ha usato la classe e l’acqua per cercare la sua ubriacatura! Tentativo fallito. Smascherarla è stato fin troppo banale: era già uscito il bigliettino degli “imprevisti”….figuriamoci quando abbiamo visto anche quello “dell’acqua potabile”!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
Non ci resta che una bella Merenda ad Arnad (alla faccia della merenda) ed un rientro tranquillo a casa.
Stavolta c’è molto da dire, pur avendo fatto poco. Lo hanno già detto alcuni di noi e quindi non lo ripetiamo. Chi ha imparato cosa vuol dire usare indumenti non adatti, chi ha capito i misteri della quota; chi ha capito cosa può capitare in circa trenta minuti di esposizione alla bufera e purtroppo anche chi ha dovuto sopportare la rinuncia ancora prima della cima o della gita.
Le soddisfazioni hanno le forme più diverse e quindi ognuno si sarà già ritagliato le sue con i suoi commenti/lamenti più disparati. Sicuramente il vento tempestoso avrà portato in giro l’aria del Castore e quindi qualche molecola sparsa in giro prima o poi tornerà a casa e farà venir voglia ancora dell’alta quota.
Alcuni aneddoti:
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Il miele: cibo succulento. Francesco ne ha portati 2 kg nello zaino!
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L’analista fa lo zaino con excel: meticoloso è un termine che non esiste più sul dizionario! La differenza fra “preciss” & “pressapok” chiedetela a Samuel! Gli mancano le pivot e poi potrebbe mettere tutti a letto con un paio di click del mouse!
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I calzoni si provano a casa e…le maniche non possono sostituire le gambe; mischiare tutto tiene solo svegli gli altri, vero Enry?
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Meglio un brianzolo, un rifugista o l’agronomo trentino?; Giulia, ocio!
I devastati: I Milanesi (Enry, Samuel, Diego e Nicola), SuperSimo, Gigi Pilot, Dave, Maurizio e Francesco da Muggiò e Brembate, Angeletta, Gonzales (detto Gomez al di là del Rio Grande!), Matteo, Chiara, Isidoro, Anna, Giulia, Don PiGi, Enrico, Silvano, Augusto e Maurizio C, Luciana, Davide, Paolinux e Patajean (…in panchina ma con un ruolo cruciale in zona Cesarini: Casanova Giovanni, detto Giò!).
Vorrei anche ricordare l’Amico Phantom,….chissà forse Samuel ce lo farà conoscere prima o poi: un amico del quale non conosce il nome, l’amico al quale paga l’assicurazione per la “gita ombra”, l’amico che vive 363 giorni in Germania, ma ha il Castore come oracolo. La domanda nasce quasi spontanea: “Ma non è venuto perché il Castore è il 4.000 delle donne?”
Come detto ci vediamo a settembre: di solito si ripara e bisogna studiare molto per evitare “debiti”; qui invece bisogna solo aver voglia!
Alla prox e godetevela!
Patajean