IL CENGALO & LA GIORNATA PERFETTA.

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  • CIMA: Pizzo Cengalo 3.369 mt. sul livello della pazienza;
  • GRUPPO: Val Masino
  • SVILUPPO & DISLIVELLO: dai Bagni sono circa 16 km per 2.210 mt…..da fare anche al rientro, quindi raddoppiamo entrambi;
  • NOTE: meteo da manuale e salita in giornata in circa 4,5 h…..avendo poco tempo a disposizione!

“Masino primo amore” diceva un famoso adagio; non sarà il primo ma è sicuramente sul podio anche senza medaglia. Con una giornata del genere non ce l’abbiamo fatta a dire di no, anche la porta di casa ci ha sbattuto fuori, con calcio nel sedere da parte dello zerbino.

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Volevamo macinare un po’ di metri e non avevamo il coraggio di decidere se per un passo oppure una cima; ormai per arrivare in alto ci vuole tempo, meteo e voglia perché tutto è sempre più lontano sulla cartina; alla fine abbiamo deciso per il Pizzo Cengalo che non solo è bello, ma chiama!

Ci incamminiamo verso le 8.00 di una mattina il cui cielo è solo sui libri di testo; siamo talmente liberi e contenti che andiam via senza intoppi (“OOHHHhhhhlllaàààaaa, semm gemòòòòòooo chiiiììì!”) sino al pianoro dell’alpeggio, dove l’assenza del sole ci ha agevolati mica poco.

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Ce ne accorgiamo poco dopo quando la prima ombra compare sui prati: al primo impatto è piacevole vederla e sentire il dolce tepore solare che ti riscalda le membra. Da lì a un po’ però il caldo si fa pressante e, dopo aver preso fuoco un paio di volte, invidiamo il tempo trascorso nel bosco. Ci basta tuttavia tirare lo sguardo verso il rifugio e verso le cime stra-conosciute di fronte a noi. Alle 10.00 siamo in Gianetti con il Rifugista Giacomo che subito si interessa sui nostri propositi: consapevole che ‘di moneta questa volta non c’è storia’ ci garantisce che in ca 2,5 ore saremo in cima….

Scorta d’acqua, una barretta, il pensiero della buccia di banana mangiata poco sotto e del fatto che non si decomporrà se non dopo un biennio e riprendiamo la marcia soli soletti……(“OOHHHhhhhlllaàààaaa, semm gemòòòòòooo chiiiììì!”). In realtà sappiamo che davanti a noi abbiamo qualcuno.

Passando in questi angoli, affiorano molti ricordi; siamo contenti come bambini che devono combinarla e per dirla tutta: siamo tanto contenti quanti sono i sassi disseminati in questo circolo!

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La matematica in montagna è inutile come le mutande in un film porno (Dave, citazione!), ma la geometria ha il suo perché e quando osservate la Val Porcellizzo dal basso (ma soprattutto dall’alto) vi accorgerete che fa quasi 360°. Chi ha inventato questo angolo, oltre ad averlo appeso da qualche parte come bellezza artistica del paesaggio ed orgoglio nella sua realizzazione, non l’ha studiato a caso.

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Arriviamo al primo punto cruciale della salita: il Colle del Cengalo, sempre kagato di striscio ma dal versante opposto e considerato un posto tetro per come si presenta, soprattutto se visto in inverno dal lato della Bondasca. Ci arriviamo dopo alcuni passi di aderenza, dove una corda posta in loco aiuta nel caso non ci si fidasse…..è un po’ marcia, ma ci hanno insegnato che tiene anche il marcio.

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Arrivare al Colle è come respirare un mantra; un posto incredibile da cui è visibile la Nord-Est del Badile di fronte, con le cordate impegnate sulla Via del Fratello e sulla Cassin. Puntini che fan paura. Beppe non riesce a stare nei calzoni, i ricordi riemergono ed è un pullulare di foto ed ammirazione. Il baratro che si apre sul ghiacciaio alla base del Badile fa paura, così come immaginare lo sperone dietro il quale c’è la Gaiser. Saliamo adesso verso la cima, ma il giro da fare non è breve; occorre passare un paio di catene che, più che chiudere un lucchetto, aprono la bocca di fronte ad un baratro che precipita sulle ghiaie della Bondasca. Poi qualche su & giù per gande e cenge esposte a sud. Sopra invece è bello marcio e si capisce perché un paio di anni fa tonnellate di questo trojajo sono finite sul Viale, decretandone la parziale e temporanea chiusura. Arriviamo in cima verso le 12.40 incontrando Claudio Ghezzi ed il suo amico Maurizio; il mondo è piccolo e lo è ancora di più di quel che s’immagina.

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Contempliamo il vuoto e le cime che ci hanno sempre fatto impazzire: si vede proprio tutto, come in un film vietato ai minori! Roba da far accapponare la pelle di coloro che mangiano pane e granito. Uno spettacolo che nemmeno alla Scala nei tempi d’oro riescono ad avere.

Ce la godiamo, si sta da Dio e poi scendiamo tranquilli e nuovamente verso il rifugio; la salita e la discesa per questa via normale non presentano difficoltà, bisogna solo muoversi come all’interno di una piccola gioielleria. Vedere e non toccare, non muovere nulla e lasciare tutto come si trova: un messaggio chiaro per la cristalleria!

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Questa volta non ci sono stambecchi nella conca, ma solo……aseen.

Una bella radler ed un po’ di riposo per poi riprendere valle. Un pit-stop per mettere i piedi a bagno-maria vicino al ponte e poi l’acqua del Cengalo ci regala l’ultima discesa a manetta. Sembra di essere partiti poco prima. Arriviamo belli secchi alla macchina pronti per una bella coda inaspettata a Morbegno, paese in cui non può esserci urgenza altrimenti chi la subisce può rischiare grosso. Il ritorno l’abbiamo fatto tutto a novanta……. Adesso per spillare soldi ti mettono lungo la strada a novanta sia all’andata che al ritorno, non sanno più come fare per raccogliere fondi e chissà dove andremo a finire. Per la cronaca, eravamo a novanta….km/h ovviamente!

Oggi, oltre ad esserci divertiti come all’asilo nei tempi d’oro, abbiamo potuto parlare con un Rifugista e con un Allevatore ed abbiamo constatato quanto sia bello ascoltare cose ormai ‘desuete’, ma talmente belle da lasciarci la bocca aperta a forma di sorriso.

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Ricordiamoci che il latte al và no in dall gèrlu, ma…….in dala brenta.

A proposito di Brenta, e non poteva esserci aggancio migliore (forse non è mai un caso), tra poco arriva…..

Adess basta però e saludi à tuch!

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Partecipanti: Beppe, Ale e Patajean

by Patajean®

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