UEH! TIPI!!! VIA DI LI’… CHE IL POSTO E’ GIA’ OCCUPATO!

Gita del 1° dicembre 1996.

Dai tempi in cui sulla terra si girava ancora con la clava ci hanno insegnato le buone maniere.

Niente…non riusciamo proprio a trasmetterle agli altri!

Oggi ci hanno sbattuto fuori dal rifugio… a calcioni!!! Non capitava da lustri.

Ma in fondo nun ce ne poteva fregà de meno, visto che ci adattiamo a tutto; il fatto è, vacca lêggia, che faceva un freddo “cano”: pottannna, sicuramente sottozero e con un vento da paura.

Ormai andare ad arrampicare risulta problematico a causa della sindrome c.d. “dell’antipatia da compagno”.

Fino ad oggi, infatti, abbiamo arrampicato in tutti i modi possibili ed immaginabili: a forbice, a forcone, in 2, in 3, a 2 a 2, a 3 a 3, cambiando il compagno o la compagna.

Insomma le abbiamo provate tutte e le abbiamo anche esaurite, awella!

Quindi non ci restano che le camminate, a media altezza e nelle vicinanze.

Comunque…tipi, tranquilli, sembra che questa nuova formula “lo dico a 2, vengono in 24” stia prendendo la forma di un piede, alla facciazza di tutti quelli che non si muovono mai oltre lo zerbino di casa.

Siamo in 20 circa e ci troviamo a Lurago. Qualche intoppo stradale e poi via, per strade diverse! alla volta dell’Alpe del vicerè.

Qui, si può dire…e diciamolo! il primo ed unico spiacevole episodio: abbiamo sganciato ben 6.000 lire per appoggiare 3 cm * 4 di battistrada sullo sporco e lurido parcheggio della “Salute”.

La macchina davanti a noi ha pagato 8.000 perchè aveva anche la striscia di gomma che tocca terra e che serve per scaricare l’elettricità!!! Robb de matt!

E’ il parcheggio della Salute, dicono, ma a noi sembra che lì godano di ben poca salute.

D’accordo non esagerare col portare le macchine in alta quota, ma da qui a far pagare 6.000 lire… bisogna impegnarsi ad essere proprio bastardi, camaleonti, ladri (…e anche traditori) … e mettiamoci pure speculatori.

A tempo debito vedremo di tirar fuori anche noi la nostra buona dose di critiche con una bella letterina al Comune di Albavilla, che poi magari ci darà lo zuccherino di una bella detrazione d’imposta nel prossimo 740, o magari un rimborso fra 3-4 anni in titoli di Stato (anzi, stato minuscolo, tiè!).

Comunque è meglio chiudere questa lurida parentesi!!! e dedicarsi agli eventi reali che ci hanno deliziato durante la giornata.

Il disastro di vento che abbiamo incontrato al parcheggio è degno dei più forti venti himajaloni.

Attaccandoci gli uni agli altri, almeno noi riusciamo a salvarci; intorno a noi macchine scaraventate giù nella walle, cani che volano e alberi che si intrecciano.

Respirare diventa faticosissimo: dalla bocca esce solo vapore acqueo, che si condensa per poi ricadere violentemente a terra aprendo voragini di 40-50 cm.

Anche i Koflach (pronuncia con la ci) non possiamo più indossarli, dato che rimangono imprigionati nel giazz non appena li estraiamo dal baule.

A proposito di bauli, volevamo anche sottolineare la nostra intenzione di fare causa alla Ford, visto che li costruisce in modo che tutti ci sbattano la cozza!

Sappiamo di essere svegli e sani anche se non andiamo a sbattere ogni volta: 5 persone in macchina. 5 capocciate con eco!

Bene, dopo 15 minuti dal nostro arrivo, giungono anche i “comaschi”, amici del Micione, ma sempre in ritardo.

Dopo qualche someansa in piena tempesta, immaginando di essere sulle cresta nord dell’Everest (ma con qualche bidone della spazzatura dietro… che sulla cresta nord non c’è!), ci dirigiamo prima verso la Capanna Mara, poi verso la vetta del Palanzone.

Da qui si gode la solita stupenda vista sulle montagne, dalla Val d’Aosta alla Bergamasca (mettiamo anche Bresciana, perchè altrimenti qualcuno si incazza!), nonchè i primi contrafforti dell’Appennino Tosco-Umbro-Marchigiano-Ligure ette Toscano.

In meno di un quarto d’ora scendiamo al Rif. Riello, dove avviene il fattaccio: siamo entrati nella sala (Raffaella stai calma!), dove il casino era già maturo, ma non abbiamo trovato un solo tavolo sotto cui posare le nostre dolci e gelate chiappe (da dire che gli altri nostri amici sciacalli, si erano seduti gemò, essendo giunti qualche secondo prima, e non preoccupandosi minimamente di noi, con congelamenti intorno al IV+)!!!!

Allora siamo usciti, abbiamo fatto “gruppo” in un angolo e abbiamo cominciato a degustare le nostre delizie, torta compresa!

Ad un certo punto Gandini ci fa segno che si può entrare; entriamo dunque, ma usciamo subitamente, dato che il gestore fa accomodare altri al posto nostro.

Ritorniamo quindi fuori, ma questa volta cerchiamo un ricovero migliore, magari il pollaio (o canile?) lì vicino.

1,2,3, e siamo tutti dentro, sacchi compresi.

Qui cominciamo a snocciolarci la torta e i vari piattini prelibati, per poi prepararci l’infuso più famoso al mondo – con vari aromi -.

La gente che passa, ride e ci sfotte: “Va, quanti bei galett e quanti bei gaín!”

-“E se te vegnett chì a tastai, te podett purtà a cà anca dû offf.”

Dopo la stalla dello scorso anno, ecco il pollaio; ormai abbiamo familiarità con questi posti così delicati: inoltre è nata una mezza intenzione di stendere la nostra Guida Michelin, visto che ormai ci manca solo un bel porcile, dove pernottare.

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