Una “Sporca Decina” che si sposta continuamente su tre paesi: Italia-Svizzera-Austria. Un po’ come nelle migliori barzellette, dove ci sono italiani, austriaci e svizzeri. Qui ci sono stati solo dieci brianzoli più o meno contenti di far fatica che hanno spaziato e giocato fin che han potuto per circa 45 km di marcia. Premesso che la casa di Paolinux non è su Google-Map, che è forse la casa più imboscata tra tutte quelle di noi ski-alper e che bisogna andarci muniti del Gioco dell’Oca, almeno una settimana prima se si vuol partire da lì….ecco tutto questo noi non lo abbiamo fatto! Ci siamo arrangiati con la e-mail e coi dadi….con risultati abbastanza catastrofici. Alle ore 6.00 di sabato 28 aprile più o meno tutti eravamo nelle varie “caselle” a cercare di portare a casa il risultato! Morale, circa quaranta minuti abbondanti di ritardo sulla tabella di marcia.
La seconda volta che abbiamo tirato i dadi è uscito che bisognava fermarsi ogni 27 minuti (magari anche solo per mangiare noccioline o per capire se la strada era giusta!); la terza siamo stati un po’ sfigati, perché siamo finiti sulle caselle del “rallentamento” (dall’ape-car al taglia-erba, dalla roulotte al carrettino del fieno); la quarta finalmente ha rappresentato l’arrivo a Ischgl, in piena Austria. Un viaggio nel viaggio, ma poi anche piacevole visto che si passa dall’Engadina.
Meta del nostro giro: un raid nel Gruppo del Silvretta, col Piz Buin come ultima tappa. Alle ore 12.00 la conferma che Mariah Carey non potrà unirsi a noi per il giro; dispiaciuta ed indaffarata nelle varie prove in vista del concerto del 30 aprile sulle piste da sci (Mariah Carey sta a Ischgl come il Trota sta alla matematica e agli esami della maturità!….e noi che cercavamo la tranquillità in uno stadio da 20.000 persone sulle piste da sci!!!!), ci lascia senza dedica, ma solo con un ticket del pomeridiano costato 22 € e tanti saluti al risparmio. Noi “chinati” ringraziamo e non guardiamo in faccia nessuno! Prendiamo l’ovovia anti-vento e ci portiamo alla stazione intermedia, dove sentiamo un gran bruciore alle terga: nessuno fa una piega, ma la realtà dei fatti ci dice che gli impianti in alto sono chiusi e quindi sarà difficile raggiungere il Pauliner Koft a circa 2.900 metri da dove sarebbe cominciato il nostro tour con le pelli. Guardiamo le carte, visto che i dadi li abbiamo lasciati in macchina per il peso ed il messaggio è chiaro: due di picche, ma in quanto brianzoli, le soluzioni alternative non mancano e, dopo aver tentato in tutti i modi di recuperare i soldi attraverso il pareo del Ronz, giù nella marmellata sino in fondo alla valle che poi sale verso il primo rifugio (!): la Heidelbergerhutte.
Rifugio è un parolone visto l’arredamento e il trattamento, addirittura il lavandino in ogni camera. Uno spettacolino con la sciarpa della libidine. Ci laviamo, ci cambiamo e via con le gambe sotto il tavolo: sono circa le 18.30 e le galline cantano. Tavolata in puro stile svizzero e svizzero è anche il menù.
Ci rifacciamo la mattina con la mega colazione in cui c’è di tutto…..peccato che c’è anche il vento, ma non un vento qualunque, una ventazza che soffiava probabilmente intorno ai 100 km/h e forse più e che ci ha tenuto compagnia per tutto il primo vero viaggio verso la Breite Krone (3.079 metri), attraverso la KroneJoch (2.980 metri) e poi verso la seconda tappa: la JamtalHutte.
Una ventazza che in molte occasioni ci ha letteralmente sbattuto per terra a turno e per più turni; robe da non credere e che non si vedevano da parecchi anni. La salita alla Breite Krone si è conclusa poco sotto la sua spalla principale proprio a causa della bufera impossibile. Con noi anche austriaci, svizzeri e olandesi sopraffatti e costretti a demordere per impraticabilità del campo (“Forza Italia!!!” erano le incitazioni più comuni……”No CGIL-CISL e UIL” la risposta). Poi ad un certo punto anche i tre olandesi che ci hanno fatto compagnia durante la salita estraggono i dadi: esce il quattro e parte un guanto che fa cinque passi avanti e cinque indietro. Praticamente il vento ha fatto partire l’indumento e poi, quando era già ad una certa distanza, lo ha fatto ritornare esattamente nella stessa posizione, con un olandese nei panni del miglior Zenga che in tuffo l’ha recuperato. Robe da Kazzinger e Piero Quark insieme. L’obiettivo ricercato da qualsiasi scienziato: l’anello di congiunzione fra la tassonomia e la quadratura perfetta del dare con l’avere!!!!!
Nel frattempo Paulinux decide che la salitona di oggi non è sufficiente e quindi ritiene di doversi allenare “nella gita” e siccome andare contro-vento non gli basta, decide di perdere uno sci, farlo cadere per circa 200 metri e scendere a riprenderlo, con tutta una serie di scuse e bla-bla-bla. Lo scherzetto costa una buona mezz’oretta durante la quale noio, al Krone-Joch a circa 2.980 metri, preoccupati cominciamo a tampinare ragazze, uomini ed anche vie di mezzo modello-skrondo, alla ricerca di informazioni. Il vento non cala, ma noi dobbiamo calarci se non vogliamo prendere freddo e tempesta. Finalmente sia Paolinux che il Conte Ponti arrivano al punto in cui la Svizzera torna ad essere Austria e tutti quanti possiamo spellare gli sci per scendere alla Jamtalhutte,
una specie di astronave-rifugio con quasi tutti i comfort attesi……….tranne le ciabattine (quelle costano 2 € e nell’ultimo bilancio presentato agli azionisti, la voce “sciavatt” pesava al 78% delle entrate; un business!!!!!). Al posto della spranga decidiamo di usare il nostro savoir-faire italico, che prende sempre bene. La giornata è ancora lunga (sono appena le 14.00) e quindi c’è spazio per il kazzeggio e il Ronf (acronimo di pennica in brianzolo stretto!). Il kazzeggio consiste nel visitare gli innumerevoli cuniculi di cui è fatta l’astronave, con meeting-room, sala della televisione al plasma (quello prelevato agli skialper!) e palestra di arrampicata! Uno spettacolino nello spettacolo, una roba che se sbagli e schiacci la leva errata rischi di far partire il rifugio e farlo depositare direttamente su qualche vetta oltre i 3.000 metri. Da notare che la stanza degli sci è un’opera d’arte per l’ordine e la posizione, mentre la tanfa del locale scarponi è degna del napalm puro.
Andiamo a mangiare la solita minestra (da segnalare che immancabilmente nell’ora della cena non si è potuto fare a meno di parlare dei cessi e di come sono apparecchiati; a proposito, da ricordare che in Austria il buco è da cercare davanti, cioè verso se stessi, perché di fronte c’è come un “deposito”, necessario per l’analisi della merce prima che finisca in buca e/o venga spedita al cliente)(quindi ndr x i maschi: se ci andate avete anche l’opportunità di girarvi e ritrovarvi a vostro bell’agio e/o come a casa), mentre per secondo degustiamo il migliore tra Wiskas, Pal e Ciappi, poi paghiamo il conto ma mai cash (nonostante sia risaputo che i brianzoli scudano tutto) perché apparentemente manca la macchinetta per le cards. Ci consoliamo con i cichetti di Anna, opportunamente conservati in piccoli contenitori. Sembrano le pozioni magiche di Panoramix, che vanno prese tutte le sere dopo i pasti per ricominciare daccapo a pellare instancabilmente; per dormire invece lo schema-base prevede le SS da sole in una camera matrimoniale, mentre tutti gli altri nei loculi assegnati.
Il terzo giorno si parte di slancio, ma si finisce col faccione contro la saracinesca della cucina, che rimane chiusa per una buona mezz’ora di fronte al nostro assalto (inutile visto che l’apertura era prevista per le 6,30 e noi eravamo già lì alle 5.58).
Partiamo come per la marcia-longa, tanta gente che si distribuisce a destra e a manca in sul jazzée; ad un tratto Silvano Materazzi incontra Zinedine Zidane, lì per caso, che di stucco lo assale da tergo; con un cambiamento di programma rispetto al tocco classico, lo provoca e lo colpisce non ripetutamente, ma comunque fastidiosamente. Tuttavia l’assenza dell’arbitro ed il pubblico troppo lontano fanno ben presto scemare l’attenzione (Materazzi si lamenterà più tardi negli spogliatoi, ndr). Ormai abbiamo le marce a memoria e la giornata splendida aiuta a degustare goccia a goccia sia il panorama che la meta. Quando arriviamo alla Ochsenscharte a ca 2.977 metri la cima della DreilanderSpitze ci appare in tutto il suo splendore;
rimangono solo un centinaio di metri da percorrere su pendio sostenuto sino al deposito sci e poi una crestina sufficientemente alpinistica per rendere BSA questa salita. Abbastanza aerea la cresta e necessità di fare presto per evitare le resse inopportune in siffatti punti.
Ad un tratto incontriamo anche la Chiabotto, forse invidiosa di chi si è appartato per qualche bisogno, che ci fa notare che di solito “fa plin-plin” durante la pubblicità, ma che è capace di cose inaudite quando è “fuori onda”; lì anche lei ma per ben altri motivi, si dilegua rapidamente! Noi invece scendiamo verso la WeisbadnerHutte a ca 2.443 metri, dove nuovamente ci concediamo riposo, radler, birra e capacità di assaporare un pomeriggio “libero”, tranne Boris che non riesce a staccarsi dal suo taccuino, dalla cartina e dalla matita.
I telefoni non prendono, ma Radio-Boris prende sempre. Anche Roberto, forse per cambiare aria o per spezzare la routine decide di ciulare le ciabattine modello numero quattro di Giuditta….peccato che Giuditta in austro-ungarico si traduce con Ugo e gli occhi di Ugo sono pieni di rosso sangue imbufalito. Lui allora usa il suo aplomb di Varedo e Ugo torna ad essere Giuditta; pericolo scampato! Siamo in giro da tre giorni, ma è come se fossero sei, visto che ci alziamo alle 5,30, mangiamo alle 17,50 e con questo andazzo il 2 maggio ceniamo alle 8,30!!!
La cena è sempre la stessa, mentre le cameriere qui sono Candy-Candy e Moana ed ogni volta che entrano in scena hanno uno slogan che in italiano non si usa mai, perché iniziare una frase con “quindi, orbene, allora, ordunque,”, fa bene alla comunicazione, ma un po’ meno alla grammatica. So………
Da segnalare che Samuel a Patajean hanno anche cercato di sfruttare i minuti preziosi per la pennika scrocca, ma senza successo (in primis per le suddette pulzelle che ogni volta cantavano “no sleep, please” e poi per la irrangiungibile ed ineguagliabile capacità di sfruttare il sonno del Ronf e del Paolinux che hanno sfruttato le ben più comode materazze).
Comunque per svegliarci tutti per bene ci pensa la panterona del Silvretta: svestita praticamente di sola calza trasparente a maglia larga con perizoma inglobato ed effetto vedo-non-vedo-anzi-cià-che-guardo-bene!, percorre con piglio concreto le corsie del rifugio alla ricerca di non si sa cosa. Avrei voluto ardentemente la presenza di Mario in questa occasione!!!
Stavolta per dormire siamo nuovamente tutti insieme ed è il caos, visto che è troppo stretto per tutti.
Le previsioni per l’ultimo giorno fanno schifo, per non usare colori vari e Mariah Carey ormai ha lasciato il paese; chiediamo in giro qual è la sensazione ed anche la guida simpatica conosciuta non si sbilancia, quindi non ci resta che studiare un’eventuale alternativa e aspettare fiduciosamente: le cime di 3.000 metri intorno e gli innumerevoli colli che permettono di svalicare ovunque sono un toccasana per chi vuole le alternative.
Chi vive sperando…….si alza nel pieno del brutto e di fatti quando suona la sveglia le idee sono inversamente proporzionali alla meteo. Ormai il Piz Buin e la sua crema sono un ricordo oltre che un paradosso, ma anche un desiderio per il futuro e la scelta più saggia consiste nel portarsi nella direzione per la quale potremo rientrare: una salita verso la Bientaljoch verso i 2.800 metri per poi ridiscendere per il limite che tende all’infinito della valle della Klein Vermunt, ai piedi del lago Silvretta Stausee. Qui inizia una seconda parte della valle, piuttosto piatta e da percorrere sino a Wirl, dove finalmente ci aspettano le nostre auto. In questo giorni abbiamo percorso circa 46 km di strada pellando e scodinzolando, abbiamo avuto modo di scandagliare tre valli, di visitare tre rifugi, molti valichi ed una cima fantastica. Il tutto accompagnato da tempo che è stato molto più bello di quel che si poteva immaginare. Il Fohn al contrario e la cresta di confine ci hanno praticamente permesso, salvo l’ultimo giorno, di fare tutto quanto in programma (tranne mangiare il pop-corn in cima al Buin!).
Arriviamo felici & contenti a Wirl e recuperiamo le auto; il tempo di cambiarci e via verso l’Italia non senza altri episodi che meritano rispetto e preoccupazione.
In primis il viaggio inutile sino a Samnaun, posto dimenticato da Dio e dagli uomini; poi le oche della Val Bregaglia, che sono state tranquille sino a quando han visto Boris (al quale secondo me han chiesto i dadi per vedere se erano originali); poi ancora il Crotto Belvedere di Prosto, dove finalmente mettiamo in chiaro cosa vuol dire mangiar bene ed essere contenti, ed infine la pioggia modello monsone a catinelle preso fino a Seregno, dove si è conclusa proprio una bella avventura. Dopo tanti anni la Passione sazia sempre allo stesso modo: bellissimo!
Adesso però……..“chiudo io”!
Partecipanti: Stefania, Anna, Silvan, GigiM, Boris, Ronf, Samuel, Paolinux, Roberto e Patajean.
PJ