Difficile….enormemente difficile fare un commento per un weekend simile. E’ stato un po’ come mettersi casualmente di fronte ad una rivendita di cartoline e fissarne una fino al momento magico in cui, per ragioni assolutamente konosciute, ci si finisce involontariamente dentro trovando la magia che di solito appartiene solo alle fiabe e volontariamente non se ne vuole più uscire!
Per fare un commento a questa gita basterebbe mettere le foto in fila e aspettare che qualcuno provi a negarsi il piacere: probabilmente qui si può toccare con mano la differenza fra partecipare e vincere.
L’ultimo minuto ci aveva poi riservato un bel sorpresone con il rifugista che ci comunica che almeno cinque di noi avrebbero dovuto far riposare se stessi in una baita a circa 7 minuti dal rifugio (erano proprio sette!, ndr), quindi con un impatto psicologico non indifferente, soprattutto se si pensa che il popolo italico, chissà perché, ma non è molto fortunato con le mezze-pensioni elvetiche. Comunque tracciata la rotta con un azimut piuttosto lungo, ci mettiamo in moto alla volta di Chappeliberg: avanti adagio a tutta dritta, con giravolta last-minute a fronte di cartello “invisibile”; da considerare che siamo andati awanti e indietro un paio di volte, dopo aver intervistato una donna di Sisikon (in maglietta t-shirt a -10° circa!) per avere maggiori indicazioni.
Il freddo si fa sentire, la pressione degli allievi comincia a salire alle stelle e allora ci pensa il nostro Giuseppe a compensarla: il tempo di un thé caldo 4×4 della marca “Ottavia” e via meglio di prima.
Primo comandamento: “Bruno….., le pelli dove sono!?!?!?!?”
Salire la prima parte del bosco è come riascoltare la mamma che ti racconta la storiella per la ninna-nanna; qui, anche il lupo s’inkazzerebbe del ruolo attribuitogli e probabilmente si attaccherebbe al primo albero non appena in vista di Cappuccetto-Rosso!!!
…..ore 11.30 circa e la svolta che non ti aspetti, soprattutto per il calcolo delle probabilità e tenuto conto che Max è già stato baciato dalla fortuna (dallo Zaino di Barney è uscita una pelle di scorta che è andata a sostituire con un “copia-incolla” la sua non più utilizzabile): anche ad Alessandro si rompe una pelle (ho usato anche, ma potrei esagerare dicendo ancora!!!). Ora, perché di nuovo a lui….bisognerebbe chiederlo a Cartesio, dopo averlo pestato, però!!!! e, visto che probabilmente Cartesio sta aiutando diversi editori, noi decidiamo che l’unica soluzione è una pacca sulla spalla, un rotolino di scotch ed il rifugio nelle vicinanze.
Siamo a circa 1.727 metri, il rifugio è stato sistemato “proprio là dove doveva stare”, sembra di essere chissà-dove e tutto potrebbe anche finire qui: invece prosegue!
Per capire com’è la storia decidiamo, tra una barretta e l’altra, di salire per vedere la sistemazione che ci aspetta e notiamo subito che anche la rifugista “sta molto bene” nell’ambiente in cui è collocata: i nostri complimenti! Tra i letti del rifugio, il monossido di karbonio della suite di Patajean e la pavimentazione puzzolente del rifugio, scegliamo i primi due, con una suddivisione ed uno schema di gioco: 11+5.
Si riparte: da un lato il gruppo, che non vede l’ora di effettuare un profilo stratigrafico, un bel cuneo di slittamento ed un nuovo test Artva, dall’altro i Robinson Crosué de no’altri, in visita pre-pastorale alla suite per capirne dislocazione, calore e composizione. L’inglese serve e lo vede bene, mentre la “materazza” è l’unico vocabolo, oltre allo scudo fiscale, che per il momento lega gli italiani agli svizzerotti.
Continua il freddo ed il gelo, ma l’Ober Huttli è ormai consacrato alle manovre e al cuneo di slittamento che richiede un’oretta di lavoro e si dimostra indicativo delle condizioni di “quel manto nevoso”!
Vedere all’opera i ragazzi fa veramente piacere, vedere il Gonza e Kugino-Samuel in quelle condizioni…..un po’ meno! Del resto: toujours les memes italiens e, dopo un paio di “buche” causa ISA e malanni vari, …..alé duri!!!
Rientriamo in rifugio quando il sole cala dietro le cime ed il gelo diventa quasi insostenibile, con un paio di belle curve in neve eccezionale; oggi è la quarta uscita e la neve continua a mostrarsi nella sua consistenza “a 24 carati”. Il tempo di riprendersi dalla sberla dell’odore nauseabondo del sotto-scala, l’unica vera pagina giallo-marrone di questa fiaba, e possiamo finalmente dedicarci allo schizzo di rotta.
Secondo comandamento: “Bruno……, la bussola dov’è!?!?!?!?”
Chissà come mai, ma gli azimut “dei Quattro Milanesi” sembrano convergere, insieme alle frecce rosse del nord, verso l’ultimo tavolo in fondo, dove bellezze locali mostrano canottiere estive e spalle scoperte. Ore 18.30 spaccate arrivano le cibarie, molto meglio del previsto e le bottiglie di vino fanno la loro comparsa. Per un momento sembra di vedere la “kaso-e-o-l-a”, che sta ad un Ligure, come la “Ka-dre-ga” sta ad un Teròne: poi la brodaglia acquista sapore minuto dopo minuto, anche se le spezie sono indicative del comportamento da tenere durante la notte: guai ad accendere la luce!
Ormai raccontare di chi russa non conviene più (solo mazzate!!), meglio trovare altri spunti e qui noi siamo maestri nati:
· Il primo è un episodio che la dice lunga sul nostro Alessandro (ancora lui!) e del suo savoir-faire; cade una pelle nel mezzo della pre-notte e lui esclama: “Sarà senz’altro la mia!”……oramai il nostro mito;
· Il secondo arriva molte ore dopo (gli indiani oserebbero dire molte lune dopo!), quando alcuni di noi chiedono a “chi” sta in piedi di fronte alla finestra di darci indicazioni sul tempo fuori: nessuna risposta. Erano i calzoni di Silvan, che insieme alla felpa, si erano letteralmente incollati agli stipiti, lasciando immaginare una figura umana…..;
Colazione e gambe in spalla, sempre nel solito freddo che ci accompagna sino in cima al Rossstock (2.461 mt),
……terzo comandamento: “Bruno…..dov’è lo schizzo di rotta!?!?!?”,
L’ultima porzione di salita si svolge in prossimità del deposito-sci, con alcuni che decidono di salire a piedi, mentre altri non mollano di pellare sino in cima, di fronte ad un primo grande spettacolo; siccome il secondo lo danno intorno alle 13.30 e ci sono molti posti liberi……
ci indirizziamo, come da schizzo di rotta, verso l’Hagelstock (2.181 mt), non prima di essere partecipi di una valanga in puro stile alpino che si stacca proprio nei paraggi della traccia, sul pendio opposto al nostro. Col seno di poi sono piene tutte le cliniche plastiche…….qualche lecito dubbio, una sbirciatina al percorso e di nuovo con le punte degli sci verso la meta. Siamo come già detto intorno ai 2.200-2.500 metri, ma sembra di essere oltre i 3.000 delle nostre Alpi principali, eppure tutto appare molto surreale. Ci rendiamo conto di dove eravamo qualche ora prima e della cima aerea su cui ci siamo mossi poc’anzi. Adesso non ci resta che un sorso di thé caldo prima della grande discesa, più o meno telecomandata, verso Chappeliberg nello Riemenstalden. Il più o meno è dovuto semplicemente alla boscaglia che dobbiamo attraversare, con pendii sufficientemente ripidi per affiancarli alla mitica “Streiff”…..o i panettoni nevosi e freschi che dobbiamo attraversare per raggiungere la salvezza di una stradina che ci consegna all’ultima pagina della nostra fiaba: un bosco nuovamente inkantato, dove le campanelle ci aiuteranno a svegliarci da questo bel sogno.
Peccato che gli episodi non finiscano mai: Max perde la macchina fotografica….e lascia un biglietto col suo indirizzo, affinché lo svizzero del caso possa mandargli a casa i ringraziamenti quando, quest’estate, troverà un oggetto di 300 euro, in mezzo al bosco e tra l’altro…….nel mezzo “di un probabile bisogno fisiologico”!!!!!!
Usciamo in strada più che contenti, siamo felicemente sorridenti, cerchiamo altre cose da fare, ma dopo tutto quello che abbiamo visto, non ce la sentiamo di sfidare i ragazzi sul pendio opposto, di fronte ai paletti rossi e azzurri opportunamente piazzati per la gara del fine settimana: ormai i quadricipiti potrebbero osare qualsiasi cosa. Satolli dell’uscita torniamo all’auto e ci metteremo circa 30 km per trovare nuovamente il tepore corporeo.
Difficile quindi non mettere il puntino sulla “i”, mentre molto più facile complimentarsi con gli allievi/e per non aver mai mollato, per aver tenuto il ritmo, soprattutto per il tratto delicato e per aver seguito sino in fondo quei Brutti Kuli di istruttori: questa gita vale un intero Corso!
Un doveroso Grazie anche a Silvan e Stefy per l’organizzazione impeccabile questa volta e impellabile una prossima (per lo meno così, per il calcolo delle probabilità, anzi….già che mi ricordo, un altro bel Vaffa a Cartesio!).
Partecipanti: Stefania, Anna, Silvan, Barney (meno male che il baule dell’auto su cui ha appoggiato le racchette non era aperto….altrimenti lui gliele avrebbe posizionate dentro!!!!), GigiEmme, Giuseppe, Boris, Bruno, Samuel, Diego, Daniele, Roberto, Alessandro, Max, Gonzales e Patajean.
Adesso….sotto con l’ultima!
PJ