La Cattedrale Bianca dello Ski-alp della Val Bregaglia; un gioiello tecnico raggiungibile da almeno tre punti strategici fondamentali e non banali; il non plus-ultra che alcuni di noi hanno sognato da una vita. Praticamente l’unico angolo sciabile in un mondo di granito difficilmente percorribile con gli sci: eppure Lei sta lì e qualche volta ti regala il massimo delle emozioni. Oggi è successo e con un giornatone spaziale che immaginavamo, vista la meteo, ma che all’inizio ci ha fatto temere il peggio.La cima ti fa quasi incazzare quando la vedi, perché è talmente piccola che qualcuno l’ha presa e gonfiata da sottoterra affinché emergesse (però meno male!); un angolino dove anche la macchina fotografica, senza che ci sia bisogno di estrarla, salta fuori da sola e compie il suo dovere.
Quando abbiamo iniziato a scendere dalla cima eravamo solo in tre……..in mezzo ad un mondo! Incredibile e difficilmente dimenticabile.
Eravamo in sette in realtà, un po’ lontani, ma anche molto vicini; partiti dallo stesso posto, staccati da qualche km in linea d’aria per motivi vari, ma sempre nuovamente riuniti intorno alle 11.10 del 17 aprile dalla stessa passione, dalla fatica, da una cima che tutti avevamo nel cuore e dal pensiero di un amico che avrebbe senz’altro fatto parte della truppa.
Il tutto nasce molto tempo fa e sulla base del “mezzo fallimento” dello scorso anno, quando ci hanno bloccato in Bondo dicendoci che c’erano già 22 persone al Bivacco! Quest’anno abbiamo setacciato le condizioni fino ad estrarre un venerdì con sabato annesso! Preparativi e convocazioni nelle migliori condizioni, poi un po’ di caos……fino al riequilibrio naturale delle cose: 4 remolazzi partono il venerdì mattina, mentre 3 remagi alla sera del venerdì per compiere il “giretto” in giornata l’indomani. Non saremo insieme, ma l’incontro è solo rimandato di qualche ora. Ci sentiamo spesso durante il pomeriggio-sera, come se fossimo in spedizione, per sapere condizioni della neve e della strada; alle 18,30 al Bivacco comincia a nevicare e noi, giù nella Bassa cominciamo a soffrire, ma alle 21.00 è fissata la partenza. Carichiamo tutto e via, verso un’acqua del diavolo che cade da Lecco fino a Chiavenna. La strategia serale prevede di piazzare una tendina a Bondo e/o di utilizzare la Jeeeeeeeeepp in caso di “calamità naturali”. Per almeno quattro volte penso che sono una via di mezzo tra un pirla e un deficiente, ma i soci rasserenano gli animi: sono Gonzales, veloce di piede e di pensiero e Roger, una specie di katerpillar brianzolo. Passiamo la Dogana e l’acqua dal cielo smette di cadere; ore 22.00 circa siamo in grado di montare la tendina e di piazzarci a dormire……..dieci minuti ed il campanile a 10 mt da noi sgonga la mezza!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
Lo schema è il seguente: Roger dorme in macchina, Gonzales e Patajean in tenda. Riproviamo a partire x il lungo sonno….ancorati all’erba per non scivolare sui materassini in discesa….passano trenta minuti ed il campanile, sorridendo, sgancia le 23.00, che non sono 23 scampanate, ma 11 si !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! sarà così tutta notte (tutta è comunque un parolone!) e meno male che la giornata inizia con l’una, le due, le tre…..
Ndr: il campanile sono cent’anni che è sempre lì.
Mentre dormo ripenso a qualche anno fa, quando abbiamo scritto (o riscritto) la canzone dei Nomadi taroccandola in “Vado a Bondo! …in onore del Gegio”…….ed oggi sono io nei premi.
Ore 4,30 sveglia, chissà se abbiamo riposato? comunque veniamo a sapere che di notte sono passate due macchine, Roger ha sentito russare dalla macchina, ha piovuto nuovamente almeno quaranta minuti facendoci temere il peggio, qualcuno è venuto a spingere la macchina durante il sonno e l’idea pazza di salire in giornata è arrivata. Il cielo è stellato come nelle migliori giornate e quindi il preambolo è da sogno. Colazione già preparata con thé e caffè e via con zaini e preparativi; ore 5,15 partenza: non dimenticherò mai quell’attimo. Mi sono chiesto chi-me-lo-faceva-fare!?!?!? Bondo è a circa 850 metri, la cima a 3.289 metri in mezzo ci stanno in ordine sparso, ma concreto: circa 2.400 metri……da fare poi anche in discesa, una gita bellissima ed un furgone della Neuro, ben nascosto ma c’è! La strada chiusa obbliga a raggiungere Laret, piccola frazione che solo per il nome merita una citazione, a piedi lungo i boschi ed un sterrata noiosa oltretutto imbrattata di massi caduti da ogni dove e con percorsi da paura. Raggiungiamo Laret e cominciamo a scorgere i primi contrafforti granitici; qui comincia un trick e track instancabile, che ci porta molto in alto. A vedere le svalangate che ci sono qui, vengono solo i brividi. Gli altri ci hanno detto molto bene da che parte salire e noi a seguire le tracce; ad un certo punto arrivano i primi inseguitori: si tratta di gente “mica-a-posto” che sale con la tutina (oggi c’era anche l’uomo tigre!) e viaggia almeno ai 15 km/ora, una forza della natura e quando ti passano senti anche il vento. Entriamo nel vallone morenico che precede il ghiacciaio e sovrasta il Ferro da Stiro, impastato di neve che sembra impercorribile. Silvano, Stefania, Fabio e GigiEmme sappiamo che sono partiti intorno alle 6.00/6.30 e capiamo che sono già alti anche se non li vediamo, poiché il rifugio da lontano è vuoto.
Panorama fantastico e stanchezza che comincia a prevalere; siamo intorno ai 2.300 metri, ma ne mancano ancora tanti, forse troppi. La gita l’abbiamo intrapresa con uno spirito diverso: andare decisi fino a dove era possibile, mixando il giusto compromesso fra metri mangiati e condizioni di sicurezza in fatto di tempo; ne nasce una miscela di relax e concretezza che ci permette di condurre a circa 500 metri l’ora nel tratto che meno ti aspetti! Poi tenere certi ritmi diventa impossibile, ma….ma ad un certo punto vedi i tuoi soci molto avanti che ti stanno aprendo la traccia a 2.900-3.000 metri. Sono sicuramente loro e stanno facendo fatica, quindi andiamo….
Il ghiacciaio non presenta problemi, ma bisogna sempre stare all’occhio. Ogni tanto ci fermiamo a mettere sotto i denti qualcosa, ma gli intervalli durano al massimo cinque minuti; rivedi tutto quello che hai vissuto anche negli anni scorsi. Tutte le salite fatte, i tracciati di quelle che vorresti fare; gli attacchi delle vie imbrattati di ghiaccio e neve. Insomma qui chi si annoia merita solo un gran calcio nel Kulo! Scusate la nota di redazione, ma ci vuole.
Le gambe resistono ed il fiato pure, poi ad un tratto ecco gli altri che disegnano curve da urlo sopra di noi. Si fermano e ti tirano fuori quelle quattro kazzate rifocillatrici, due pacche sulle spalle che non si vedono, ma si sentono ed infine ti annunciano che siamo a ca 3.000 metri e ne mancano 289 per concludere questo Cammino di Santiago di Bondaschela……
Purtroppo dopo 2.100 metri di dislivello anche le gambe ti citofonano per dirti che sei scemo e soprattutto se ti rendi conto che questa scemenza deve finire; gambe, fiato e resto stanno male……si sale a strappi e se non fosse per il morale, verrebbe voglia di mollare tutto. Abbiamo anche una corda per sicurezza e cerchiamo di distribuircela a turno: l’ultimo di questi spetta a Roger che tiene duro (non so come!!! Fino in cima). Resistiamo (siamo tutti e tre alla frutta!), ma alle 12.00 siamo in cima. Una vista superba ed il panorama che ci aspettavamo. Poco alla nostra destra il Passo di Bondo, con il Bivacco Ronconi che non si vede, ma che verremo presto a trovare. In lungo ed in largo le cime di una zona senza eguali. Sotto di noi anche il Passo del Ferro da cui si può salire come soluzione alternativa, mentre più lontano la sagoma inconfondibile della Cima di Castello e delle cime che spesso non si guardano per concentrarsi su quelle più famose; e pensare che con un po’ più di tempo disponibile ci sarebbero giri da favola che nessuno si kaga. Per tornare sul nastro della nostra gita, più nessuno in giro e la speranza di poter fare una bella discesa. Le gambe non tengono e non c’è molto tempo per sfogliare il verzame. C’è solo da scegliere: o ci si ferma una mezz’ora e ci si riprende mangiando, bevendo e riposando, ma col rischio che le gambe perdano sicurezza e calore oppure si scende subito accontentandosi di quello che passa il convento. Mangiamo velocemente qualcosa e beviamo l’ultimo sorso di acqua. Via le pelli e giù subito. Ci sono almeno una trentina di cm di neve fresca e le gambe lanciano un fax con una nota credito per reclamo; motivo di base: il prodotto buono non c’è più, si scusano e dicono che i programmi di produzione (buona) riprenderanno il prima possibile. Invidiamo gli altri che saranno già in basso, cerchiamo di godercela, ma onestamente il sottoscritto è kotto come una pera e riesce a fare solo le curve sindacali…….peccato perché gli occhi vedono cose che solo loro possono “vedere”!
Il fatto che siano 2.400 metri di salita, implica che siano altri 2.400 metri anche in discesa; puoi metterli sotto radice o calcolare l’arcotangente, ma non cambia: sei dentro e devi ballare. Bisogna stare attenti a dove si scende anche se è tutto coperto, soprattutto bisogna tener d’occhio le pareti che sovrastano questa specie di Paradiso, perché sono spioventi e comunque cariche di neve. La cosa buffa ed abbastanza comune quando guardi il granito è la perdita della “misura”; l’immagine fotografica di una parete come queste non è altrettanto realista rispetto a quando la vedi personalmente. Torniamo nei valloni che precedono la morena e l’anfiteatro di Cengalo e Badile. La neve ormai è un remollo da paura & panico, fa schifo condurre le curve e la fatica triplica per mantenersi in equilibrio. Fino a Laret sarà una sofferenza al cubo.
Stremati ci buttiamo sul torrente al sole, mangiamo e beviamo per riprenderci; poi nuovamente giù per la strada alla ricerca dell’acqua e delle fontane. Scoviamo un baitame nel bosco e vediamo una fontana di legno……peccato per il boscaiolo che arriverà oggi nel suo reame…….troverà la fontana e tutto in ordine, ma l’acqua arriverà tra due settimane!!!
Il calvario durerà ancora quasi quaranta minuti, fino a quando buttiamo lo zaino sul prato. E’ finita. Riceviamo anche un messaggio dagli altri che sono già a Novate Mezzola a mangiarsi un bel gelato. Ci cambiamo e siamo pronti anche noi per il rientro.
Che altro dire: un po’ matti……ed è ora di maturare, un po’ desiderosi di condurre una gita insieme agli altri nonostante gli impegni di tutti e di lavoro, fatto sta che alla fine questo sabato ce lo ricorderemo tutti come uno dei più belli. E’ sicuramente raccomandabile fare tutto in due giorni, per godersi l’ambiente e la compagnia. Se si opta per la sgamellata, occorre essere allenati e decisi e guardare che ci siano le condizioni giuste, soprattutto di neve e di ghiacciaio. Cose normali ma che riempiono di gioia se non ci sono problemi.
Mi è veramente spiaciuto non potermi godere la gita con il bivacco alla Sciora; data la posizione e la bellezza del locale invernale, passare una notte in un posto simile è solo una grande esperienza. Purtroppo il lavoro ogni tanto crea problemi e la soluzione di ripiego di farla in giornata, al di là della “kazzata d’altri tempi”, ha giovato e si è dimostrata azzeccata, nonostante la sgamellata infinita!
“Portare a spasso la gente per fare questo dislivello in giornata non ha prezzo” disse uno ski-alper….”per tutto il resto c’è Master-Card”!
Qualche perla che come al solito aiuta a ricordare anche con piacere questo viaggio:
– La fifa usmata alle 23.00 del venerdì di non fare nessuna gita per via della pioggia, nonostante la meteo-engadina desse bello;
– Le parole di GigiEmme che, a circa 2.980 metri, a fronte della domanda: “Ma non dovevate essere in cinque!” mi ha risposto che loro in cinque lo sono stati ugualmente!;
– La fontana della strada sterrata che chissà come mai è stata la prima cosa ricordata dai tre remagi in vetta…..quando la sete li ha presi per la gola;
– L’allenamento che ne è uscito; oggi sono qui con quelli che abitano nella mia stessa palazzina: la sto tirando in giro per Desio. Stiamo scegliendo la posizione ideale e l’esposizione più gradita!!!!!! Con questa gita si potrebbe chiudere la stagione e/o aspettare cinque settimane prima della prossima;
– Quel tic della Jeep del Gonza, che ti segnala il fatto che la radio perde e/o riceve nuovamente il segnale: provate voi a farvi il viaggio di andata & ritorno sotto le gallerie della Lecco-Colico!!!!!! E’ come una goccia sulle balle, instancabile.
Il racconto per una gita del genere sta bene dove sta, ma il racconto migliore come al solito viene scritto dentro ognuno di noi e qui un po’ di pagine vanno via che è un piacere; mettiamoci che questa volta, dovuto al fatto che il libro di vetta era inutilizzabile……questa volta lo firmiamo simbolicamente in questa maniera.
Gli ultimi due giretti, Grassen compreso con gli altri skannazzati della Valle, ci hanno fatto respirare giorni indimenticabili e percorsi da comprare una sciarpa di “lingua” per leccarsi le orecchie e da esporre in Curva Nord. Oggi spazio anche ai giovani che vanno ad allenarsi e a fare esperienza ai Palù e comunque in Engadina, sperando nella clemenza del tempo. E da domani tutti a produrre……..
Alla prox e enjoy your track!
Stefania, Silvano, Fabio, GigiM, Roger, Gonzales e Patajean…………………ieri però è arrivata anche una mano dal cielo e noi lo sappiamo!
Ciao à tuch,
PJ