Se tutte le appendici sono così, allora vi consiglio di leggere i libri partendo dal fondo, dagli allegati. Magari non capirete una beata cippa del contenuto, ma almeno avrete un momento di estasi. E’ stata praticamente una magia prima di buttare via il cilindro con la marca (non famosa!) dell’SA1 anno 2010. Ci voleva proprio una magia per concludere (momentaneamente si spera) questa prima parentesi della stagione! E pensare che salendo alla SustliHutte anziché la colomba bianca……dal cilindro è comparsa prima una bella legüra bianca e poi anche una bella pernice! Si capiva che eravamo sulla strada giusta.
Avevamo detto: “Bei maghér….per la salita al Grassen!” ed anche questo piccolo sogno si è realizzato, perché dopo una circumnavigazione della zona del Meinental di questo calibro, i kg di troppo sicuramente sono finiti nei posti giusti, cioè lontano da noi.
E’ forse mancato solo il tempo, ma a ben vedere non si può dire neanche questo perché poteva finire molto peggio; alla fine abbiamo chiuso il cerchio in perfetta sintonia e nei limiti del tempo concesso per dire che il concetto della sicurezza ci appartiene! E’ stato quasi come mettere la mani addosso alla Ferilli, che anziché andare sempre a spogliarsi per la Roma, potrebbe farlo con noi nei rifugi svizzeri, dove i gratakù local verrebbero almeno solleticati un po’ di più…………certe volte la tristezza di alcune persone rasenta l’inverosimile: sabato sera non so se era meglio subire una visita rettale, piuttosto che avere un paio di mutande stirate direttamente addosso oppure ancora avere un thermos di vomito e non saper cosa mangiare d’altro! Non si può essere così tristi nella vita: magari pagare qualcuno per avere uno schiaffone ogni tanto, per capire che “si esiste”……….che non per forza bisogna essere padroni del mondo e che molto spesso (più di quanto non si creda!!!) ci si pone come ospiti del mondo (in questo caso ospiti di un mondo che a noi non può mancare).
Però la Svizzera ha le montagne e a noi “ci piacciono tanto” e quindi bisogna subire un po’; in compenso i rifugisti si sono mostrati di una cordialità suprema ed anche di una simpatia mai incontrata prima (o quasi): molto disponibili e cordiali in quel loro nido d’aquila da cui possono ammirare un sacco di cime.
Decidiamo di partire dalla sede del Cai Bovisio intorno alle 7,30 di sabato, peccato che come al solito il kulo di pietra ha sempre il sopravvento (in futuro prenderemo provvedimenti….perchè quando ti accorgi che il tempo stringe non deve necessariamente coincidere col momento preciso in cui si stringe anche qualcos’altro!!!!, il carpe diem deve dissociarsi dai movimenti intestinal-ludico-sportivi…….).
Qui lancerei un monito al mondo “Brianzol-Vallese” affinchè questo tipo di “granchi” fossero presi solo nel momento in cui un SA1 dovesse svolgersi a Cala di Volpe……Comunque tra raccogliere il materiale, fare il cambio dell’auto (e dell’armadio), andare a recuperare “i frontalieri” e fare il bollino, ne nasce un ritardo abbastanza evidente e comunque già chiaro all’intertempo. In dogana il primo segnale di un’evidente quanto ramificata tendenza alla delinquenza combinata: in meno di dieci minuti rischiamo di vederci coinvolti in associazione di tipo mafioso-italico (di matrice alpinistica!) con gravità di terzo grado, applicata al bollino….per di più perpetrata ai danni del suolo svizzero da parte di un avvocato (praticamente una cannonata sulla Croce Rossa!). Mi fermo qui altrimenti…….
Ripartiamo alla volta di Mendrisio, dove i due colombi frontalieri (Simona & Alessandro) ci aspettano belli come il sole; anche qui tra parole al vento e Tobleroni vari perdiamo quella mezz’oretta che farebbe felici molti alpinisti. Tutto tace fino a quando passiamo il Gottardo, che non finisce mai, per entrare nella Meinental, una valle nella quale si comincia chiaramente a verificare la primavera. La strada porta ad un tornante posto a ca 1.600 mt, da dove si parte. Purtroppo la libidine dura molto meno, visto che una sbarra ci impedisce di progredire con l’auto e quindi dobbiamo rimboccarci le spalle. Ci sono almeno 4,5 km che ci separano dalla quota di 1.907 mt da cui parte il sentiero per il rifugio. Ci rifocilliamo sotto una galleria dove la neve non è entrata e poi finalmente prendiamo il sentiero che negli ultimi 300 mt di dislivello (praticamente tutti lì) ci deposita la rifugio. Piccolo particolare: ci mettiamo un’oretta per pellare questo tratto, non senza preoccupazione, nonostante si sia scelto un tratto dove aveva già scaricato (skagazzato, ndr). Altro motivo, credo ormai chiaro a tutti del perché partire presto ed essere snell.
Ad un certo punto parte un boato alla nostra sinistra ed una scarica di neve umida e bagnata si stacca sopra una grande placca per vomitarsi nel fondo del catino della valle; il suono sinistro fa sempre abbastanza impressione, meglio lasciarlo dov’è o meglio ancora lasciarlo nei documentari!
Arriviamo al rifugio, che offre una vista magnifica verso il Sustenhorn e verso il Funfingerstock (finger vorrà dire dito in tedesco…..ci auguriamo che fun non voglia significare “medio”, altrimenti direi che i complimenti precedenti agli svizzeri non sono più meritati). L’igloo d’entrata è molto pittoresco, mentre il fatto di uscire sulla piazzola passando dalla finestra rende questo momento molto “kinder-garden”, oserei dire suggestivo per gente che non vedeva l’ora di potersi ri-dichiarare di età scolare. Riusciamo a fare asciugare tutto, mentre il tempo comincia a volgere verso il classico “tra il gnack ed ul petack”.
In Svizzera si mangia con le galline, si va a letto prima di aver sonno, si fa casino solo se si è fuori confine e, soprattutto si fa “sssssttttt” se di fronte hai un tavolo di italiani, ben disposti a scherzare. Molti svizzerotti sono così, hanno sempre questa speranza di redimere il Bel Paese, ma noi sappiamo che “Chi vive Hope……moer kagand!”….e poi abbiamo il permesso dei rifugisti per far casino. Altro piccolo particolare: l’elemento che ci ha intimato il silenzio era un incrocio tra Lerch ed un Troll; una specie di bruttura condita alla Uri, praticamente con niente. Per il resto minestra di legumi (sbobben), risotto al rosmarino (magari), quadricipite del precedente rifugista, sono gli ingredienti di una lauta cena, terminata con macedonia di frutta, tanti pezzettini e magari un paio di fichi (….sempre del naso del rifugista, ma attuale!).
…sti italiani, sempre simpaticoni!
Ci portiamo a letto e qualcuno comincia a dire la sua (“Date una carezza ai vostri figli e dite che è una carezza del pata!”), qualcuno si culla col toblerone, qualcuno pensa alla terrazza dove oggi prendeva il sole o invidiava “la patatina” e chi la “coltiva”. Non prima naturalmente di aver espletato i doveri igienici. Nota di colore: nei rifugi ad alta quota l’acqua scarseggia, soprattutto d’inverno e quindi bisogna ingegnarsi, ma soprattutto bisogna fare attenzione al freddo; appoggiare le terga sull’asse può comportare immediatamente un effetto di giazzamento del naso, che diventa blue d’amblé. Le gite di due giorni sono belle perché il primo giorno tutto è piacevole e si scherza, mentre quando arriva sera o, meglio, la mattina seguente, il pathos sale…….oggi burloni, domani leoni, ma in fondo sempre dei grandi……………..!
Dormiamo forse con un caldo eccessivo, ma ne ho viste di peggio; colazione ore 6.00 e gambe in spalla alle ore 6,41, dove la musica si capisce subito. Primo pendio niente male fino al pianone che anticipa lo Stossenfirn, dove anche gli svizzeri che hanno come obiettivo il nostro stesso giro ci raggiungono. Qui un altro particolare: loro l’ordine ce l’hanno nel sangue (solo però quando scorre in Patria!) e quando progrediscono lo fanno in fila indiana; da noi invece il disordine regna ancora un po’ sovrano, anche se bisogna ammettere che la soluzione ideale forse sta nel mezzo…….
Il tempo è sempre molto incerto, il freddo punge e la Stossensattel è lì che ci aspetta; di là non si vede nulla almeno fino a quando la parete sud del Titlis non ci capita sotto gli occhi: imponente e nera. A questo punto il nostro percorso si fa meno pendente, ma solo in apparenza. Adesso la cresta va percorsa in orizzontale e l’ultimo tratto richiede max attenzione per evitare di finire in malo-modo centinaia di metri sotto il Biv. Grassen, tra l’altro ben visibile. Aggrappati alla croce alle ore 10.00 ca, siamo felici e contenti sulla vetta del Grassen a 2.946 mt, col sole che ci regala un momento unico ed un panorama che vorremmo avere almeno una volta alla settimana davanti al cruscotto che portiamo davanti agli occhi; ci sono una trentina di persone tutte unite dalla stessa emozione.
“La contemplazione è un lusso, l’azione una necessità!!!” questa frase la porterò sempre con me. In pochi secondi decidiamo la strategia di discesa, visto che la cresta ci obbliga a ripellare; così troviamo il giusto compromesso per fare una firma nella bella neve sommitale, per poi riprendere la strada della sella da cui siamo arrivati. Ci ricompattiamo e piano piano attraversiamo lo Stossenfirn nuovamente proiettati verso un canale ripido che ci depositerà alla bocchetta del Wichelplanggstock (ancora a 2.870 mt circa).
Ripelliamo per la terza volta e adesso la salita stanca; l’ultimo tratto lo facciamo a piedi data la pendenza ed arriviamo alla selletta dove lo spazio è esiguo e non permette di gestire così tante persone.
Qui altri sono in estasi di fronte al Ranzani, salito sin qui per il suo classico Rama-Tonic in quota; proseguiranno poi per la cima vicina, mentre noi ci prepariamo per la discesa. Accanto a noi adesso una corda fissa che permette di vomitarsi sull’altro versante con 20 mt di discesa; purtroppo con gli sci è impossibile!
Questi budelli rappresentano un po’ il fiore all’occhiello della gita, perché permettono di collegare mondi invisibili fino all’ultimo e perché aggiungono un chicco di pepe dal punto di vista tecnico.
Davanti a noi una discesa fantastica di 1.300 metri di dislivello, ma con molti km di sviluppo, in quella valle a serpentone che viene definita la Hohbergtal e che porta in definitiva al vallone del Goretzmettlenbach; da qui nuovamente al curvone da cui dovevamo partire il sabato, per un giro che sempre di più ci appare come una leccata d’orecchie! Già sin qui questa uscita ha dimostrato qualcosa in più di un Corso Base. Quotata BSA, ha dimostrato a quelli che l’hanno vissuta, che lo scialpinismo si può fare in molti modi e questo è uno dei più belli.
La discesa del ghiacciaio avviene purtroppo in parte con la nebbia, ma le indicazioni che riusciamo a scovare, grazie ad un gruppo di altre persone in zona, al nostro GPS ed all’intuito, ci conducono nei posti chiave e considerati giusti per uscire senza particolari problemi. Quasi in fondo al vallone, c’è ancora un ultimo punto abbastanza caratteristico: una specie di canyon, ben segnato anche sulle mappe, che non bisogna percorrere all’interno, ma preferibilmente sul lato destro. Peccato che i circa 80-100 metri che ci separano da un guado del torrente, siano piuttosto aggressive (un bel 43°).
Arriviamo in fondo abbastanza provati, ma credo tutti contenti di aver preso la matita e chiuso il giro! Ci facciamo scattare qualche foto di gruppo dai giannizzeri di turno (anch’essi molto cordiali) e poi giù per la strada per seccare la colomba che GigiM porta con sé per le occasioni speciali. Siamo praticamente in mezzo alla strada, nei boschi con nessuno in giro. E’ come se qualcuno ci avesse regalato il Sustenpass, senza chiedere niente in cambio.
Ancora una volta un bel momento di compagnia e di soddisfazione, letto personalmente negli occhi di qualcuno; si spera che qualcosa di tutte le uscite sia rimasto e, soprattutto, sia stato trasmesso.
Se così non fosse….sarebbe veramente triste, per noi!
Ricorderemo piacevolmente la piazzola di peluche al di fuori del rifugio, il pino cresciuto direttamente sul masso granitico gigante non si sa come, la cantata degli svizzeri ai due colombi lariani sulla bandiera (Ale & Simona), il volo di MC Kallan sul budello, …..solo perché l’è minga bun de stà citu……, la barriera “corollina” della macchina di Alberto (sempre minuziosamente attento alle manovre) che ha tenuto lontani gli altri piccioncini della gita (Stefy e Silvan), la birra di Gonzalito che è finita insieme alla colomba nel posto migliore, la faccia di Boris e la sua cacchio di arancia a -10° alla StossenSattel, le kazzate a manetta di Fabrizio, e naturalmente la bravura e la tenacia dei quattro dell’Oca Selvaggia, che hanno creduto fino in fondo a questa gita, la quale suggella il passaggio ad un SA2 meritato. Peccato per gli altri, gli impegni però vanno rispettati!
Un gran saluto e un in bocca al lupo per il futuro; oggi fa un freddo del diavolo ……..quindi la stagione è lunga.
Enjoy your dream! Ed un ciao ai Brutti Kuli o, meglio come ha scritto qualcuno, un bel …..Grassen a tutti.
Pensate solo un attimo all’ipotesi di fare questa gita soli, senza compagnia………..quanta ricchezza buttata ai pesci!
Stefania, Simona, Alessandro, Silvan, Gonzalito, Alberto, Boris-Borat il Vampiro, Max, Fabri-Fibra di quarzo, Achille, Roberto, Luigi la Mosca, GigiM e Patajean.
Ciao e naturalmente alla prox.
PJ