Ci risiamo e come ogni anno i “Tri Aséen” si ritrovano per il cosiddetto ‘raglio annuale’; meta deve essere forzatamente una cima che costituisce il periplo formato dal Masino Bregaglia (‘M-Asino che Raglia’ è in sintesi la ns porzione di Alpi Centrali) con possibile e limitato sconfinamento italo svizzero nella Valmalenco. Ogni altra meta è inutile e unico periodo accettato è la fine di agosto. Muniti di basto siam pronti.
Un po’ svizzeri in fondo lo siamo e quindi siamo anche puntuali di fronte all’obiettivo.
Quest’anno abbiamo ipotizzato un ventaglio di soluzioni che poi si sono sintetizzate nella salita al Monte del Forno (mt. 3.214 slm), spartiacque tra la Valmalenco e la Valle del Forno, incudine che separa ciò che è verde da ciò che è grigio, luogo che rinchiude storia recente, tante salite passate ma anche storia dell’alpinismo e della patria (poco sotto il Passo del Forno c’è un chiaro segnale di cosa successe nel 1944 a Ettore Castiglioni, un mito sempre attuale per il suo lavoro in giro per i monti, per quanto fatto sulle pareti alpine e per il sacrificio patriottico). Il solo pensare che, con quattro stracci ed una misera coperta, sia riuscito in pieno inverno a raggiungere dal Maloja questa posizione fa rabbrividire.
Indimenticabile giornata sia dal punto di vista meteo, forse tra le più belle del mese, sia dal punto di vista umano; poca gente in giro e comunque su mete più battute della nostra. D’altro canto abbiam trovato molta materia prima a kilometro zero: in queste circostanze sei di fronte al tuo obiettivo e la natura fa di tutto per farti cadere in tentazione. Già cadi ai suoi piedi per i panorami che ti scodella di fronte; per calamitarti del tutto, ci mette una distesa infinita di mirtilli che forse gli altri non vedono o non hanno mai visto in questi giorni (che sia stato un regalo solo per noi?), qualche piccola distesa di lamponi giusto per dare smalto al cambiamento, qualche zona piena di erba-iva e genepì ed infine, per non farsi mancare nulla, un po’ di arnica e di ginepro giusto per un bel massaggio dopo aver digerito il coniglio. Se passavamo a Sondrio ad aprire la partita iva ed eravamo furgoncino-muniti avremmo fatto i soldi a palate: verdura e frutti misti bio. Che roba.
“Se femm!?”, ci diciamo che il modo migliore per celebrare l’apoteosi è mettere le mani nella marmallata al rientro, magari sotto la luce serale…..
Facciamo finta di nulla e via verso il Passo del Forno a mt. 2.775 senza incontrare nessuno se non un arzillo ed inkazzoso omino che, toccato il Passo, ha deciso di non perder tempo ‘in un kagajo di sassi pericoloso’ ed è tornato indietro.
Unico neo di oggi è stato di non poter vedere con gli occhi di quarant’anni fa: un angolo del genere non può presentarsi in questa maniera. Ormai è tutto una desolazione, il grigio del granito disfatto del versante Swizzero fa da contraltare al verde pazzesco della Valmalenco; i ghiacciai o quel che ne resta sembrano alzare le mani per salutarti o per chiedere aiuto riconoscendoti da precedenti salite in cui ti luccicavano davanti.
Se riesci ad essere un tutt’uno con una cartina, qui ci sei dentro a tutti gli effetti. Riesci a trasporre il tutto in 3D e potresti uscire in edicola con alcune riviste: che angolino.
Saliamo veloci lungo la cresta che deposita in prossimità dell’unico punto ‘difficile’ e ferrato; l’aspetto della roccia non è invitante ma tutto diventa un incanto sulla cima, dove puoi spaziare da maledetti.
Incontriamo finalmente un po’ di gente, salita dal Cavloc o dalla Capanna Forno. In particolare ci colpisce un anziano vecchietto che di anni ne ha 83, che si presente e ci saluta: “Occi, bella ciornata!”….”Quanti anni avete voi?”…..”Crazie e arriveterci alla prozzima”.
Che dire, sicuramente un encomio (oltra alla dovuta stretta di mano e pacca sulla spalla) ma anche un riscontro di piccola incoscienza nell’essere in giro solo, oltretutto su un percorso non del tutto banale. Complimenti a lui che lo ha fatto da solo, in uno stato ‘ottantennale’ che forse non possiamo comprendere ed in una giornata in cui tutto era permesso. Lo risalutiamo in discesa, ritrovandolo poco dopo la ferrata ed immaginando, dato il suo lento progredire, i tempi di discesa. Certe volte ti chiedi se il tuo egoismo ha raggiunto il bordo o è già tracimato: dovevamo aspettarlo? Potevamo star tranquilli che il creato avrebbe pensato a tutto? Che uno spirito del genere merita cento di queste salite? Vabbeh.
Cosa si fa se si appartiene ai Ragazzi del Muretto? Eh, si telefona…..cum’è i bagaj; direi che Beppe è pronto per il nuovo spot della vodaphone. Anche perché qui il telefono prende sempre che è un piacere e lui non poteva esimersi.
Ripercorriamo l’immane piutéra mista a saséra a ritroso e ci riportiamo al Passo, dove è duopo decidere se allungare il giro per travalicare il Forno e rientrare dal Passo Vazzeda o ridiscedere col miraggio dei mirtilli. Decidiamo per ingaggiarci sul traverso che raccorda al Rifugio Del Grande Camerini, non senza dover risalire altri metri di dislivello e dove arriviamo con voglia matta di birra.
Ci propongono anche un tagliere ‘a km zero’ e quindi prendiamo tutto: stupendo momento conviviale con le rifugiste. Non possiamo trattenerci e quindi scendiamo le tolle con un miraggio dinanzi agli occhi: ancora e sempre i mirtilli.
Quando sogni prima o poi qualcosa si materializza e qui, in fianco al sentiero e non un centimetro più lontano, entriamo direttamente nel sogno per prenderlo per il bavero: potevamo prendere cento kg di mirtilli, ma ci siamo trattenuti. Ore 17.00 raccolta bio al calar del sole…..cosa c’è di meglio? Una corsa verso valle per recuperare il tempo perso ed in poco tempo alla macchina per un rientro da favola.
La natura gioca talvolta sporco e ci presenta un gruppo di asini poco sotto al rifugio Del Grande; uno scherzo di cattivo gusto, proprio al rientro, ma che abbiamo apprezzato tantissimo. Guardandoci allo specchio abbiamo riso…
I Tri Aséen: Beppe, Ale e Patajean
p.s. Per la cronaca: il sentiero dal Passo del Forno al Passo del Muretto è chiuso. Le indicazioni sono visibili solo nelle immediate wc-nanze….del Passo del Forno; quindi ocio, salvo indicazioni presenti nel rifugi e/o sul web, noi non abbiamo visto altre informazioni. Morale: fa balà l’ochh.
by Patajean®