DOVE CI SI TROVAT?

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  • CIMA: Piz Trovat mt. 3.146
  • GRUPPO: Bernina
  • DSL & SLP: circa 1.250 mt per 17 km complessivi;
  • NOTE: gita Cai Montevecchia in un ambiente come al solito superbo, ma reso meno piacevole per le condizioni climatiche attuali che ne infangano l’aspetto e le aspettative.

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Qualche volta in certi posti i tuoi occhi stanno male per quel che vedono e riportano tutto al cervello, che trasforma il messaggio in smorfie di dolore, comparazioni con il passato e fulmini a ciel sereno per ipotizzare soluzioni su due zampe degne a ripristinare la situazione ante disastro ecologico (o semplicemente andamento storico?).

Ieri si è verificato quanto sopra ed è accaduto proprio in corrispondenza di uno degli angoli (ma quanti sono realmente?) preferiti da chi frequenta montagne: il catino del Diavolezza, da cui di solito ci si bagna la faccia e gli occhi per capire se ciò che si vede corrisponde al vero, se l’imponenza visiva è solo una sensazione e, infine, per andare a toccare con mano se si tratta di plasticone o manna scolpita dal Costruttore, senza capitolato.

Arrivati al balcone del rifugio Diavolezza, dopo estenuante e faticoso trascinamento di membra stanche da un agosto più o meno intenso, non possiamo non notare le ferite di un versante nord che ha sempre suscitato ammirazione, blocco sanguigno/ renale e, non ultimo, orgasmo compulsivo d’alta quota!

Non possiamo che prendere atto della situazione, credere che i miracoli sono possibili anche se magari si concentrano su argomenti più importanti e delicati, attendere annate più nevose o meno calde e sperare che il sorriso torni anche sui vari speroni, perché mentre fissi lo sguardo, rapito da tanta bellezza, non puoi non notare una smorfia di dolore anche da parte delle pareti, sicuramente contente di essere ammirate, ma consce di sguardi ‘più tristi’ rispetto alla norma.

Il boato di qualche blocco di roccia e ghiaccio che si sfracellano al suolo non fa che confermare il nervosismo che si respira e le difese che la montagna innesca, mentre i mocassini e le espadrillas non fanno che confermare che le notizie ormai sono inutili, come il kulo senza il buko e che la mamma dei bigoli è sempre in stato interessante.

Chi per la ferrata e chi per la normale, raggiungiamo la cima di questa cuspide che appare, per citarne uno famoso, come ‘un vaso di terra cotta in mezzo a vasi di ferro’. Una cima kagata da tutti e soli quelli che arrivano in funivia, è stata valorizzata grazie all’introduzione di una ferrata (qualcuno in fase di estasi ha pensato di aver portato a casa un “K2”……..) o al fatto di apparire come un balcone preferenziale su uno degli angoli più belli dell’universo alpino.

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Meteo favorevole sino all’ultimo e puntuale come il radar svizzero, nonostante qualche segnale minaccioso nei giorni precedenti; tutti contenti in vista dell’estate che sta per finire.

Rientro bagnato dalla fretta o dai pizzoccheri. Da notare che prima di arrivare alle auto, vedendo il trenino rosso arrivare e passarci circa 500 mt sotto, non abbiamo saputo trattenere il desiderio di estrarre la sedia e di metterci in panciolle per assaporare, come in un film, i vagoni che ci transitavano in faccia: spettacolo!

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Partecipanti: Annalisa, Angeletta, Roberta, Fiorenza, Andrea, Massimo, Lele, Agostino, Giustino, Gianfranco, Guido, Antonio, Simone, Erik, Ongiul, Andrea Piazza e Patajean.

by Patajean®

 

 

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