ARIA SOTTILE, DOPO IL RUTOR!

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  • CIMA: Testa del Ruitor mt. 3.486
  • ZONA: Valle d’Aosta Valgrisenche – Rifugio degli Angeli mt. 2.916;
  • DISLIVELLI E SVILUPPI: ca 1.650 mt complessivi spezzati in due gg;
  • NOTE: meteo sbarazzina, con passaggio di ventazza fastidiosa modello “Tre generazioni di gatti attaccati ai mmaroni” e godimento finale senza nube alcuna. Un’alba come quella di ieri vale da sola il biglietto per la visione di un film che continua sul palinsesto H24.

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Che dire: forse poco o nulla, fatto sta che weekend del genere sono la richiesta standard per essere contenti. Non sapevo bene come e cosa scrivere e siccome di solito il racconto nasce da postazioni ‘sospette’, questa volta mi son detto: “Faccio tutto dopo la digestione: dopo il Ruttor!” e così è stato in tutti i sensi.

Bellissimo fine settimana trascorso in compagnia, macchiato solo dal boato giunto ai 2.916 mt del rifugio Scavarda intorno alle ore 23.00 del sabato per il fallimento europeo degli azzurri.

Anche lì da noi il tricolore sbandierava smanioso….però era un po’ sfilacciato ed abbiamo poi capito il perché: vada-via-ul-Kù! Il ns commento….l’han capito bene anche i francesi.

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Partiamo tranzolli il sabato e con molta calma ci portiamo in Valgrisenche a Bonne, non prima di far tappa per comprare pane & companatico, mixato da bianchino (non trovato da Inox nonostante la folle rincorsa nel quartiere di Arvier e nei suoi vicoli) e calendario donne nude venduto dal panettiere solitario.

Arriviamo al parcheggio di Bonne che contava posti identici a quante erano le nostre auto: come dei tasselli abbiamo composto il nostro mosaico e siam partiti. Tempo quindici minuti e la prima ondata d’acqua si è mostrata in cielo con le nubi a forma di mastello: dal fondo valle si percepiva l’arrivo dell’acqua, ma per una magia la stessa ha deviato verso la dx orografica lasciando noi, come per miracolo, indenni. Si aggiunge poi la ventazza che non ci mollerà per tutto il tragitto. L’ultimo tratto tira ‘di maledetto’ e arriviamo al colle, sotto cui è posto il bivacco, stufi marci.

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Chiudiamo la porta dietro di noi e l’acqua scende a fiumi (non invidiamo Piazza e Simone che saliranno in quel momento poiché partiti nel pomeriggio).

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Cominciano le danze: c’è il Thé di benvenuto, c’è l’aperi-cena del Gruppo, c’è la cena vera e propria che termina col il budino al cioccolato che va a ruba come la televisione che non c’è; infine non manca l’aria che nel frattempo non è più così sottile.

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Il rifugio è saturo e tutti hanno come meta la nostra: la Testa del Ruitor.

Partiamo alle 6.00 con una giornata che albeggia di fronte ai nostri occhi: la luce comincia ad aureolare l’orizzonte dimostrando ancora una volta che l’uomo nulla può, nonostante l’impegno, di fronte alla natura: sempre uguale, sempre le stesse cose, ma anche sempre le stesse forti emozioni interiori dell’inutile.

Gaston Rebuffat si kagava addosso solo guardando il Bianco la mattina presto……e chi ha la fortuna di capitare in questi momenti capisce che la stitichezza in questi casi non è una malattia e il Bianco non è un vino.

“L’alpinista è un uomo che conduce il proprio corpo là dove un giorno i suoi occhi hanno guardato….e che ritorna!”

Talmente bello che oggi vedevamo la Palla Bianca, la Wildspitze, la Gran Casse e la Nord della Cima di Lavaredo! L’occhio vede talmente oltre che possiamo fare i nomi e cognomi di coloro che le salivano; “se le parole fossero mattoni…..”, non ci sarebbe più il verde da nessuna parte.

Alle 8.00 circa siamo tutti in vetta, dove tira un’aria bestiale che ci prende giusto dal Colle del Ruitor a 3.300 mt quando vi sbuchiamo dall’ ultimo pendio ripido.

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L’aria proviene dal ghiacciaio, come le poche cordate che giungono dal Rifugio Deffeyes e rompe non poco, visto che siamo abituati alla caldazza del nostro versante e non ci aspettiamo cotante folate. Il ghiacciaio è un lenzuolo perfetto, solcato da un paio di tracce ben ordinate e che dimostrano la provenienza di coloro che hanno scelto in questa zona la loro meta.

Arriviamo in fila indiana, ma non tutti contestualmente: saluti, baci e via di ritorno, per lo meno fino al colle dove non tira aria.

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In men che non si dica siamo nuovamente sotto il colle e, dopo i vari traversi, nuovamente al rifugio; pensiamo sia tardi, ma è appena l’ora della ricreazione. Talmente presto (9.30) che possiamo sbragarci all’aria tornata temporaneamente ‘sottile’ e fare tutto quanto desiderato. Ci vogliono anche un paio di foto a dimostrare la nostra presenza e quella dello sponsor.

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Scendiamo poi le tolle alla velocità di daini inseguiti dalla tigre: kagati giù dai pendii sarebbe ancora un complimento, tanto che alle 12.30 (?) siamo già apparecchiati in auto.

Cià se femm?!? Se fermum in un quai barett……..e qui il dramma: ore di ricerca del baretto; questo si, questo no, chì gh’è in girr i terun, là ghe in girr i sakuciun; morale siam finiti nel bar della piscina di un paese che ora conosciamo come casa nostra, con il punto mappato sbagliato, 20 km buttati ai pesci innanz-e-indré e l’aria confezionata simile ad un fohn di 1.000 cc di cilindrata. Minkiazza che esperienza!

Ci salutiamo e rientriamo comodi comodi alle 16.30, meglio di così.

Stavolta, visto che son 20 anni esatti che stiamo insieme, ne approfitto per salutare la mia dolce metà: dopo così tanti anni siamo ancora qui a romperci ed è sempre (quasi) come il primo giorno: bacio!

Ogni riferimento a persone esistenti o a fatti realmente accaduti è semplicemente reale e testimonia, dopo tanti anni, l’incredibile forza del condividere l’andare in montagna; uno di quelli importanti diceva: “Se riesci a tradurre ciò che hai vissuto, questo ti appartiene veramente!”. Qui nulla appartiene a nessuno, ma a tutti quelli che partecipano.

Partecipanti: Anna R, Anna G, Sara, Angeletta, Annalisa, Stefy, Raffaella, Roby, Andrea, Massimo, Lele, Piazza, Simone, Marinelli, Piero, Inox, Pier, Marco F, Marco, Enrico, Erik (la prox volta sarà tuo!), Fabio, Claudio, Mirko, Christian, Ongiul, Inox e Patajean

by Patajean

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