I “Poseroni” del Dome des neiges des Ecrins (4020 m) – SA2: 30-31 maggio, 1 giugno 2015

“ Γνῶθι σεαυτόν (Gnōthi seautón) ” – conosci te stesso [Socrate]

Trovare la citazione adatta per l’apoteosi del corso SA2 sembrava facile. Di temi su cui gli autori latini sarebbero stati pronti a lasciare il segno ce n’erano tanti, ….stavolta, però, c’era stato di più. Il tema era il senso stesso di quella felicità profondamente condivisa da tutti, istruttori e allievi indistintamente. Vuoi vedere – mi son detto – che non bastava andare a rovistare nella sapienza latina, ma che conveniva fare un salto a Delfi e andarsi a rileggere l’esortazione “Gnōthi seautón” – conosci te stesso, iscritta sul tempio di Apollo.

Sì, nei tre giorni agli Ecrins ho conosciuto un po’ più me stesso, ho conosciuto il mio fisico che il primo giorno voleva impedirmi di andare avanti e che i giorni dopo ha fatto il bravo, ho conosciuto l’empatia con ciascuno di tutti gli altri 15 della combricola, ho conosciuto i sentimenti in vetta, da chi viveva il primo 4000, a chi si è commosso per l’amico comune mancato in montagna, a chi aspettava che arrivasse il compagno. Ho conosciuto i volta-maria al limite della tenuta dei rampanti, che per qualche allievo sono stati uno sforzo bestiale di consapevolezza dei propri limiti.

Socrate diceva che questa conoscenza porta a trovare le soluzioni migliori per vivere (ἀρετή (aretè) – virtù) e quindi alla felicità.

Ma non dilunghiamoci troppo (che siam sempre in Brianza) e andiamo con ordine.

Partiamo da Varedo in 16 doppiamente furgonati (Vito e Vivaro): grazie Carlo, grazie Stefania, ma grazie anche a Max per il pilotoggio del Vivaro.

Giungiamo a Torino: no Max, non devi cercare il parcheggio della “Sacra Sindone”, sarà meglio che Adriano ti faccia da navigatore (….segui la curva). Gigi, per delineare meglio il suo concetto, sentenziava che “non è mai rettilinea la curva” Proseguiamo per Briancon: visto che Adriano dormiva, per Max  è stato utile un bel teleindicatore.

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Giungiamo a destinazione; da Prè de Madame Carle a 1874 m ripartiamo con scarponi ai piedi e spallando lo spallabile, corde e kit pronto soccorso compresi. La consapevolezza era quella del mulo, la coscienza del “chi te l’ha fatto fare”, l’obiettivo era arrivare al rifugio costi quel che costi.

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Mi attardo e arrivo al Refuge Glacier Banc dove gli altri sono già in atmosfera contemplativa.

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Mi accingo anch’io a contemplare, ma purtroppo lo stomaco fa il gran rifiuto e mi ritrovo “fuori servizio” fino ad almeno la mezzanotte. Non posso quindi narrare della cena e della preoccupazione dei compagni di gita per il mio ko. In ogni caso alle 4 del giorno dopo mi presento a colazione deciso a partire nonostante fossi dato 5 a 1 come perdente. Ovviamente cerco l’allievo a cui scaricare la corda trovando Daniele (dal fisico possente) “estremamente” disponibile. Saliamo al buio seguendo le lingue di neve negli avvallamenti sulla sponda sinistra della valle, dopo di che si apre davanti a noi l’enorme spianata del ghiacciaio con quel meraviglioso affresco sul fondo che è la Barre des Ecrins. L’emozione fa fare a tutti un clic

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e già che siamo ci mettiamo (e ringraziamo) l’organizzatrice dell’uscita, Anna nipote di Anna, sorella di Bosio il Cavaliere, quelli del Rifugio: una garanzia di bel tempo, in tutti i sensi.

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Proseguiamo per la Roche Fourio (3730 m) dove prima della rampa, mi fermo con Stefania, che non sta troppo bene. Ero anche consapevole che proseguendo avrei messo a rischio la salita del giorno dopo alla Barre.

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“Ho capitalizzato la rinuncia alla vetta per una conquista successiva” come ha anche detto Simone Moro nella mitica serata a Montevecchia il 12 giugno (qui in formato super Poserone con Angeletta al settimo cielo) 10489933_947009885351802_7290872860492171967_n

Gli altri proseguono per la cima.

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Con Stefy raggiungo poi il rifugio des Ecrins (3175 m) verso le 11, (dove ci viene assegnato il dortoir B (primo piano a gauche)). Gli altri arrivano da lì a poco.

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Poi c’è tutto il tempo per rilassarsi centrando chi più, chi meno, l’obiettivo,

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e di conoscersi. Posso ricordare tanti piccoli particolari di ognuno: la gentilezza di chi tenuto il posto in camerata all’amico, le piccole ritrosie, le battute. Ad Andrea che scalpitava, Matteo rispondeva: calma, non siamo mica in Brianza. Il Pier diceva di andare sua riposare e due secondi dopo lo si ritrovava giù in sala da pranzo a dire la stessa cosa e così per due tre volte. Scendendo dal letto a castello si lamentava per la presenza della mia borraccia che regolarmente finiva per terra. E giù un’urlata. “Ronzetti, il tuo bello è che riesco a mandarti a quel paese, senza che senta di dovermi fare alcuno scrupolo”. Ovviamente questa facoltà è riservata a chi poi accetta la pariglia. Guardando fuori dalla finestra  ho infatti la visione della Madonnina del “Dom de Milan”. OLYMPUS DIGITAL CAMERA

Beh – esclama il Pier – a me sembra Alberto da Giussano”. Alla fine la slanciatissima guglia viene intitolata a “Pier da Mariano” visto e già si chiama all’incirca così (Tour de Bonne Pierre).

Paolo mi racconta dei super aggiornamenti svolti nei mesi scorsi dal Gegio (Direttore della Scuola) e discutiamo sull’evoluzione della figura dell’istruttore CAI in perenne conflitto tra l’esigenza di tutela dell’allievo e il desiderio di fare quello che si vuole (come spesso viene inteso il volontariato).

A cena la tensione inizia ad aumentare. La salita del giorno dopo non è uno scherzo: 4000 m, pericoli oggettivi legati alla traiettorie di crollo dei seracchi, crepacci da aggirare, pendenze fino a 40 gradi, problematiche sia in salita che in discesa, terzo giorno di fatica. L’allievo SA2 inizia ad essere consapevole che la salita è anche uno sforzo per la testa: c’è chi non trova la quadra e ha la capacità di dire serenamente di no. Il resto si rimette agli ordini di Capitan Carletto che con tono imperiale impone: domani vi voglio sul ghiacciaio alle 4,30. Non vola una mosca, anche se i calcoli aritmetici non tornano. Per arrivare sul ghiacciaio occorrono 25 minuti e la colazione è alle 4. Morale: alle 3,50 siamo già imbragati e in 5 minuti abbiamo fatto tutti colazione.

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Percorriamo circa due chilometri in piano sul letto del ghiacciaio godendo del sorgere del sole.

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All’inizio della rampa Paolo si ferma perché non sta bene. Noi proseguiamo e saliamo su neve dura a 35-40 gradi in un sottile corridoio tra due seracchi alti 60 metri. Era da rimanere senza fiato.

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Queste pareti di ghiaccio verticali erano più grandi della facciata del Duomo (h=60m, 108m la Madonnina) e sembravano crollarti addosso da un momento all’altro.   In effetti considerando il bilancio di massa negativo del ghiacciaio negli ultimi 15 anni

OLYMPUS DIGITAL CAMERA si può immaginare come il lenzuolone di ghiaccio appoggiato sul piano inclinato della Barre des Ecrins tenda a scivolare giù velocemente, essendo diminuito il sostegno al piede. I seracchi, che si formano in corrispondenza delle asperità del terreno, tendono quindi a crollare di continuo e il maggior rischio è proprio alle prime ore del mattino quando l’acqua del giorno prima, colata nelle fessure, si ghiaccia mettendo in pressione le fessure stesse. Ovviamente questo non l’ho detto agli allievi per non aumentare lo stress e poichè era già stato dato l’ordine perentorio di stare fuori dalle traiettorie di crollo evitando quindi il pericolo.

Capite che fuori dalla prima rampa noi tutti avevamo conosciuto un po’ più di noi stessi, dopodichè ci attendeva una salita un po’ più morbida tra queste cattedrali di ghiaccio. OLYMPUS DIGITAL CAMERA

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Altro passaggio critico è stato l’attraversamento del crepaccio a metà salita dove, se c’era da essere indecisi, era meglio non scegliere proprio il momento in cui si era sopra il crep (vero Adriano!). Intanto il Pier allungava il passo e gli resistevano egregiamente Davide (con la split board) e Daniele (con la mia corda da due giorni). Dietro Gigi incalzava Gabriele in crisi con i voltamaria e con i bastoncini telescopici che si accorciavano: questa è una cosa che io non posso sopportare perché estremamente pericolosa, per cui il povero Gabriele si è guadagnato pure la mia disapprovazione. Ha comunque tenuto duro arrivando al deposito sci. Il resto del gruppo procedeva a poca distanza compatto e oramai in vista del traguardo.

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L’ultimo pezzo l’abbiamo fatto con ramponi e corda per garantirci la sicurezza nel superamento della crepaccia terminale non sormontabile più con gli sci, dato il dislivello  di due metri.

DSC_8480 Arriviamo il cima e ciascuno se la gode a modo suo e insieme agli altri

Filmato cima

Ognuno si mette nella sua posa. Siamo i “Poseroni” del Dome des Neige des Ecrins e la vanità in quel momento non ce la leva proprio nessuno.

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Vien voglia di cantar vittoria, ma dobbiamo ancora affrontare la discesa che per qualcuno è da fiato in gola: vietato cadere a fianco dei crepacci, vietato farsi male alle ginocchia, guardare che non ci siano buchi, non sostare sulle traiettorie di crollo. Pier da Mariano firma la discesa aggirando i pericoli. In mezz’ora siamo alla base del ghiacciaio.

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Proseguiamo fino al Refuge Glacier Blanc sfruttando le ultime lingue di neve. Qui è la conclusione effettiva del corso sa2 ed è il momento dell’applauso a scena aperta al Direttore Carlo.

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Carlo, ora ti puoi finalmente togliere il casco!! Dopo lo Zuccone Campelli, il Suretta (mancato per il brutto tempo), il Breithorn, il Suvretta (al posto del San Gian), il Velan, la Roche Faurio e ora il Dom des Neiges des Ecrins ti puoi rimettere la bandana e brindare con tutti noi, allievi e istruttori presenti e non presenti (…che per l’occasione si è dovuto scomodare pure Socrate, mica un Gigi Marzullo qualsiasi). E ci dispiace per PJ per la sua gran Tagata al Suretta, ma sappiamo che si sta riprendendo. Ci dispiace per Antonio che all’ultimo non è non potuto venire per guai fisici, che speriamo si risolvano alla svelta. OLYMPUS DIGITAL CAMERA

Dopo una pausa di riordino logistico riprendiamo verso valle rispallando il rispallabile,

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arrivando a Pre de Madame Carle, dove Madame Carle ci porta la birra.

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Rientriamo a Milano veramente arricchiti.

Grazie a tutti per questi giorni indimenticabili.

Alberto

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