Dopo i soliti rimandi causa meteo, finalmente pare concretizzarsi la possibilità d’un w.e.su roccia. La destinazione, Dolomiti, non è cosi vicina con previsioni in peggioramento ma il nostro Direttore trascina il gruppo, là dove pensa debba stare.
Quindi dopo la lezione di giovedì “del Nicchio”, a mettere un po’ di “simpatico” terrorismo sull’uso del reverso, e filmati con spiaccicamenti annessi, piombi stellari……via tutti belli SERENI!
L’orario di ritrovo è quello “traumatico” e taumaturgico, le 4 e zero zero al Cai di Bovisio per poi passare a recuperare Daniele al Galbusera, ci organizziamo con le macchine a puntiamo verso Belluno. Dobbiamo mantenere una velocità di crociera adeguata per rispettare la tabella di marcia, anche se il buon Fra ci saboterà “calando la media”. Rimedierà Ambra alla guida, facendoci fare un rally attraverso i passi, dandoci una bella shakerata.
Il Fra non pare contento di questo incedere spedito e ci “punirà” con una pausa colazione presso un “posticino d’èlitè”, con brioches “tristi” ed una esercente dalla dentiera ballerina e sorriso baffuto. Cosi decidiamo di fare la nostra buona azione, e lasciamo che Marco sbrani un paio di quei residuati, cosi appena usciti scegliamo di fermarci in pasticceria.
In la pancia piena e la macchina parcheggiata nei pressi della parete, non resta che mettersi al “lavoro” la via Demetz sul Grande Cir ci aspetta. Prendiamo l’aspro sentiero che inizia a darci il contesto dei prossimi giorni. Lo sfasciume!
Il Direttore obietterà subito la mia definizione espressa anche sui tiri, è la ribattezzerà con, “roccia da capire”. In effetti l’ambiente pare essere proprio il suo, e laddove nel lecchese lo sentivi “vociare”:-“Qui è duro pocca toja”.In Dolomiti lo vedi “andare” come una lippa.
Vedere per modo di dire….dato che appena può parte in “fuga”, e si concede solo un pit-stop per dipanamento matassa da lui “intenzionalmente” confezionata solo ed UNICAMENTE a scopo didattico per il piacere del Daniele, che ci “da dentro” per una buona mezz’ora senza perdere la calma.
Terminata la “lezione” si riparte spediti e mi ricorda i “bei tempi” di :-“vai vai qui è tutto tergzo”….sino a che….sentiamo una frase che ci mette agitazione…-:”Qui è duro pocca toja”.
Ma senza esitazione cava un chiodo dall’imbrago e lo fa “brillare” nella roccia. Passaggio perfettamente risolto per il benessere collettivo. E cosi abbiamo pure sviscerato la lezione sui chiodi. La vetta è ormai prossima, dove ci concediamo le foto di rito ed una meritata sosta per riprendere fiato, dopo le 4 ore e mezza di salita, e per ammirare il panorama da sogno offerto dalle Dolomiti.
E come spesso succede nei sogni il risveglio è doloroso, ci aspetta una discesa a dir poco noiosa tra panorami mozzafiato.
Giunti alla macchina non c’è tempo da perdere, sistemato il tutto si parte spediti alla ricerca di un bel birrozzo in quel di Corvara e lì seduti attorno al tavolo in compagnia di una buona pinta è l’occasione propizia per scambiarsi opinioni, sensazioni e consigli sulla giornata appena trascorsa. Richiamati di nuovo all’ordine dal Direttore si riparte in direzione del Passo Valparola che mette in comunicazione la Val Badia con il passo del Falzarego. Una volta arrivati al passo scegliamo un posto strategico dove piantare le tende (nel vero senso della parola) e poi via …… la fame è tanta bisogna trovare alla svelta il posto giusto per mettere le gambe sotto il tavolo. La scelta è di quelle giuste nel senso che il posto è accogliente, il cibo è buono, le porzioni sono generose…. Cosa si può volere di più dalla vita?? Una bella dormita visto che è dalle 4 zero zero che siamo in giro e domani ci aspetta un’altra giornata di quelle leggere leggere se tutto va bene (cioè se il tempo tiene).
Alle sei zero zero del mattino della domenica ci sono 7 zombi che barcollano sul passo Valparola che cercano di organizzarsi per raggiungere l’attacco della via Maurizio Speciale che li porterà in cima al Piccolo Lagazuoi. E’ un impresa ardua, resa ancora più difficile a causa della partenza a secco cioè senza colazione, ma non impossibile e così verso le 7 e trenta eccoci per primi all’attacco della via.
Ci configuriamo da scalata e si iniziano le manovre. L’apripista resta il Fra che fa apprezzamenti sulla solidità della roccia, conclamando sul terza tiro un’irrefrenabile sensazione di “libidine”. Cosa che tutti condividiamo! Si tratta di quasi 50 mt. di tiro: solidoooo, verticale ma ammanigliato, continuo ma a sezioni, sprotetto ma proteggibile….Roba da non farsi bastare il materiale per far sosta. Difatti mi fermo appeso ad una “giga clessidra” a recuperare Annalisa, con l’unico cordino rimastomi.
La “invito” a raggiungermi (senza il consolidato :-“ dai c-zz-!!”) che sono in posizione favorevole per delle foto. Appena udita la parola “foto”, a tallonarla ce subito Ambra (detta Alex come il leone di Madagascar) che “magicamente” si inserirà negli scatti con un simpatico sorriso a piene “ganasce”.
Terminato il tiro cloù della Maurizio Speciale, senza togliere nulla ad altre belle lunghezze, ci attendono 2 attraversamenti su roccia “questionabile” o “da capire”, che ci portano sul passo “chiave”. In realtà sarà il punto “”meglio chiodato”, e tra i più belli della via, dove all’occorrenza si “schampa” alla grandissima. Il “vero” tiro di selezione sarà l’ultimo. Dove seppure ammanigliato, qui la stanchezza inizia a giocare un ruolo determinante sulla tenuta ma si riesce ancora a sorridere.
Una volta in “zona sosta”, il Direttore mi solleva dall’incarico di recupero del compagno, e si presta ad eseguire le manovre. Ma non faccio in tempo a “tirare il fiato” che…..sento:-“Pocca toja Secchio vieni qui con un friends va…..ma fai pure due”. E dentro di me penso……. se ce la “vede” il Gegio…..siamo “fottuti”!
Così dopo aver rinforzato a dovere la sosta si prosegue con le manovre di recupero e nel frattempo ecco che arriva Ambra e a seguire … dopo un po’ … arrivano gli altri. La soddisfazione per aver chiuso una delle vie più suggestive delle Dolomiti è grande, e quindi complimenti e foto a volontà per tutti. Lo spettacolo che si gode dalla cima è favoloso, da sogno! Solo la vista sotto di noi del nostro campo base (una tenda e le due auto) ci ricordano che è ora di scendere e possibilmente alla svelta visto che si sta oscurando la vallata e ci sono delle nuvole in picchiata. Si chiama “sentiero dei Camosci” quello della discesa, niente di noioso questa volta anzi bisogna fare attenzione a dove si mettono i piedi… ci sono tratti parecchio esposti da superare e, come se tutto fosse stato calcolato, ecco che quando ci sente ormai in zona sicura comincia a piovere ed è proprio con l’acqua che si scatenano i camosci della Valle del Seveso, che agili e scattanti fanno il record di discesa e raggiungono il campo base in tempo record. Giusto il tempo di fare baracca e burattini e alle 15,00 si parte immediatamente per evitare il traffico in valle visto che ci aspetta un viaggio di 5 ore. Ma come si dice .. la fame non dorme mai (anzi qualcuno dice di avere anche i crampi allo stomaco visto che è dalla sera prima che si va avanti solo a barrette) e quindi decidiamo ci fermarci a fare il pieno al primo autogrill. A pensarci bene è proprio il modo migliore per concludere questi due stupendi giorni insieme…
Per la cronaca i nomi dei camosci sono: Francesco, Marco, Ambra, Daniele, Annalisa, Marco e Giuseppe.