Un suc-cesso!!! Dopo tanti anni trascorsi in montagna, questa è la prima volta che ci capita una cosa del genere (uso il plurale perché io come altri non ho mai visto cose di questo tipo); non saprei neanche come fare per non raccontarlo, magari per semplice pudore, ma ad un certo punto rischierei di cadere nel banale oppure nel volgare….è per questo che ho deciso direttamente di scrivere questo racconto…..”in bagno”, così da non rischiare nulla!!! Anzi, consiglio a chi legge in questo momento di fare altrettanto, così da sentirsi a suo bell’agio e totalmente sintonizzato nella simbiosi del momento. Purtroppo lo capiranno bene solo quelli che l’hanno vissuto interamente.
Non raccontarlo lascerebbe le cose come sono ed impedirebbe ai nipoti di sapere che “tipo di nonni hanno avuto”.
Potremmo dire “gita di mmerda” oppure “che qualcuno ha rinunciato alla cime per una kagata”, oppure ancora che è stata una gita “piena di stronzi”…..ma il bello è che qualche minuto dopo dovremmo confermare che è tutto vero oppure dirvi veramente che non è oro tutto ciò che luccica!
Se durante la settimana vi capita di intristirvi per motivi socialmente utili, fatelo…..raccogliete voi stessi e fate un esame di coscienza, ma se vi capita di dovervi mettere nei panni degli altri per capire qualche circostanza, specie durante un weekend di luglio, lasciate stare.
Tutto questo solo per immaginare per qualche secondo cosa succederà a quei poveri diavoli, i primi, che dovessero per qualsiasi ragione, decidere di rifare la nostra stessa gita!!!!!
Si parte da molto lontano, dall’Engadina, posto in cui eravamo inizialmente diretti, e dalla cima del Morterascht che avevamo prescelto come meta per la gita sociale 2012, ma alla quale abbiamo dovuto rinunciare per la meteo. Cerca, disfa e fai, ma alla fine abbiamo dovuto disdire e cercare in altri lidi; ora, in quattordici persone più Dave (otto dei quali abbastanza stronzi!) e al tramonto del penultimo giorno, non è facile; il buon Dio però ci ha assistito ed abbiamo trovato posto nel gruppo del Gran Paradiso, al rifugio Vittorio Sella.
Sono posti pieni di animali, stambecchi in primis, che spesso sono sdraiati sul sentiero in attesa che qualche bipede dia loro un po’ di cibo per una foto; noi ne abbiamo visto abbastanza, ma anche no! Ed il motivo, col seno di poi (che son piene tutte le cliniche plastiche!), è sufficientemente chiaro;
Partiamo alle 8.00 da Desio e alle 8.30 dalla MI-TO, sempre Boris permettendo ovviamente; alle 9,15 siamo al mitico Viverone a fare colazione insieme ad altri cento-cinquanta personaggi che hanno avuto la brillante idea di fermarsi (anche qui, a posteriori, sarebbe bastato poco per farli scappare tutti e rendere l’autogrill vivibile (più o meno!)).
Poi….siccome siamo in anticipo rispetto ai tempi, ci dividiamo ad Aosta ed ognuno per i kacchi suoi: chi in centro, chi verso il Gran San Bernardo e chi a rincorrere gli altri; del resto un po’ di squilibrio ogni tanto fa bene. Alle 11.45 malcontate siamo a Valnontey “coi turisti fai da te” in giro dappertutto, sfruttiamo gli ultimi metri possibili con le macchine (alcune aziendali, oserei dire!) e poi gambe in spalla sperando che non “kagi giù acqua”!
Gli zaini pesano, il cielo ogni tanto tuona, ma la pioggerellina che prendiamo sul coppino è tipicamente “da centro benessere”, quasi piacevole per mitigare una caldazza non così evidente, ma comunque fastidiosa, specie sulle rampe centrali. Siamo tutti ben preparati e qualcuno ha addirittura il porta-banane. L’unico veramente in forma è sempre Dave!
Arriviamo in Sella nel primo pomeriggio schivando tutto quello che pensavamo di prendere ed il gioco sembra fatto; spetasciati al sole, tra birre, tarallucci ed altro, passiamo un mezzo pomeriggio nel massimo del relax, con addirittura qualche pisolino in mezzo o una passeggiatina ristoratrice nei munuti vuoti.
Il Sella è un bel rifugio, posizionato nel centro di un vallone e costituito da più costruzioni, ognuna delle quali con una sua perfetta logica, ma tra le due costruzione…….c’è “il presagio”!, il totem per eccellenza, l’origine del male intestinale: IL WC!!! Una scritta cubitale, che un po’ stona con l’ambiente, ma neanche tanto, con una bella freccia altrettanto grande indicante la direzione (ndr: al nostro ritorno ci siamo sentiti in dovere di girarlo “leggermente” in modo da indicare un’altra direzione, più consona al momento e soprattutto al luogo).
Adesso potrei capire il perché di quella scritta così grande, anche se è abbastanza inimmaginabile percorrere tutto il dislivello di una gita per centrare il bagno (è un po’ come pensare che nel ’69 Amrstrong potesse scendere un attimo dalla Luna per kagare….solo perché dalla Nasa qualcuno era uscito con il classico cartello delle ragazze pon-pon in vista a caratteri cubitali!!); va bene tutto, ma diamo tempo al tempo.
C’è addirittura chi decide di perdere gli occhiali, organizzando una caccia al tesoro per ritrovarli.
Ore 19.15: inizio della maledizione del Morterascht. C’è chi decide di mangiare la salsiccia e chi decide per il cervo; “sarà buono”?”mi resteranno le corna di traverso”?…..molto peggio!! E soprattutto le domande scompaiono presto di fronte al “compleanno di Ale”, osannato più volte dalla folla apparecchiata a tavola, ignara di tutto, ma partecipe fin dalle viscere al momento katartico con un applausometro incredibile.
Andiamo a dormire tranquilli e beati e dormiamo anche bene, poi una bella colazione la mattina e via verso la nostra meta: la Punta Nera e poi in successione quella Rossa della Grivola, per poi passare dal Bivacco Gratton e scendere a Cogne per un sentiero mai fatto. Un bel giro da stronzi!
Partiamo tranzolli, Boris permettendo, e saliamo in direzione del Colle della Nera, che a 3.460 metri circa rappresenta l’anello di congiunzione tra le due cime, ma per noi rimarrà nella memoria per altro.
Il sentiero, in parte anche asinabile, è bello sino al bivio che porta al Colle della Rossa; da qui comincia un kagajo di sfasciumi piuttosto fastidioso, mentre il canalone che porta al nostro Colle incombe ripido sopra i nostri craponi; con il casco e qualche precauzione, ci portiamo velocemente (e contrariamente al rifugista) al di fuori di esso, per ammirare ciò che sta al di là. Al di là delle battute e di tutto quello che succederà da lì a poco, l’anfiteatro del Trajo è un posto dimenticato da Dio e dagli uomini, un posto selvaggio con un suo fascino particolare, legato alla possente mole della Grivola, che si staglia davanti a noi ed il ghiacciaio, che giace tranquillo avvolgendo tutto il bacino che unisce le cime; in fondo anche il nostro Bivacco Gratton, meta che per vari motivi non raggiungeremo.
Partiamo alla volta della Punta Nera, ma non tutti; i primi sintomi di Montezuma (Sguarauss) si fanno sentire ed alcuni di noi devono “assentarsi”; addirittura Pier sente di dover rientrare al rifugio ed abbandona….ma pensa al prossimo e a come eventualmente fargli ritrovare la strada in caso di nebbia.
Tempo venti minuti e siamo sulla cima della Nera a 3.630 metri con molte nubi, ma anche la possibilità di ammirare molte delle cime del Gran Paradiso, troppo poco frequentato nelle valli giuste, anche se complicate.
Strette di mano e foto e poi giù; non facciamo in tempo a legarci e a scendere in sul jazzée, che altri stanno male; la piega di “una gita di mmerda” comincia a manifestarsi. Gente che in cordata sente il fatidico bisogno aumenta esponenzialmente ed il fatto si ripete più volte e a più riprese. Sarà il momento, saranno le nubi, sarà l’emozione, ma perdiamo il tratto ripido di salita e proseguiamo verso una zona senza uscita, a meno di pendii sostenuti. Dopo una ricognizione verso il costone che si appoggia sul crinale del Bivacco, decidiamo che forse è meglio ritornare da dove siamo venuti; in questo modo abbiamo circumnavigato il ghiacciaio di Trajo come nessuno probabilmente ha fatto.
Nonostante qualche vaffa e la stanchezza di risalire i circa 400 mt che ci separavano dal vecchio ed amato Colle, in circa 1,15 ore siamo di nuovo là…..ma, ma con alcuni che non vedevano l’ora di poter tirar giù le mutande!!!!!
Il vecchio motto “andate tutti al mare a mostrar le chiappe chiare” non ha più senso!!! A turno “gli otto del cervo” ma non solo, hanno preso possesso del Colle ed hanno battezzato ogni angolo, nuovamente e a più riprese. Questo giochetto si è poi ripetuto più volte: non oso immaginare:
• Cosa abbiano visto i Guardiani del Globo dai satelliti in questa domenica 29 luglio;
• Cosa possano immaginare i nuovi e futuri frequentatori della Punta Nera;
• Cosa scrivere su un’ipotetica relazione per i posteri;
Da notare che ad un tratto, anche il Colle ne ha avuto abbastanza ed il suo rifiuto si è trasformato in un’azione speciale: di botto uno dei tanti strumenti della pulizia-rettale ha preso il volo, con fare minaccioso ha puntato il gruppo e la sola fortuna ha impedito che la tragedia prendesse il sopravvento (e sottovento colpisse i suoi obiettivi!!!!). Sarebbe stato il disastro!
Comunque tutto è bene quel che finisce bene: nel pomeriggio inoltrato riusciamo nuovamente a rivedere il rifugio e la sua fatidica scritta sul WC; andiamo a protestare dal rifugista che inizialmente la butta sul “vi ho visto in ritardo”, ma poi anche lui è preso da un attacco di panico-marrone, con un effetto kulo-stretto, che potrebbe sfociare in peggio se la mail del nostro avvocato dovesse mai arrivare a (sua) destinazione. Si rifà, per dire, concedendoci “a gratis” uno zuccherino con il thé. Lasciamo perdere solo perché siamo troppo buoni e le ferie son wcine. Riprendiamo il cammino inconsapevoli della distanza che ci separa dalla meta finale 920 metri più in basso.
Alle 19.00 sempre mal contati siamo, comunquemente distrutti, alle auto: gli scarponi escono e scappano da soli, le magliette fanno scappare i conducenti delle altre auto, mentre la sciura del baretto limitrofo ha strofinato prima gli occhi e poi le mani….ed infine anche il cassetto della cassa, con un introito degno del suo nome e guadagnato in pura zona-cesarini e con la nipote i cui occhi da blu son diventati ancor più azzurri.
Alle 23.00 più o meno siamo in casa; un elogio sincero lo voglio fare al Gruppo, che in questi due giorni penso si sia divertito e lo abbia dimostrato. Purtroppo la meta completa non è stata sfruttata, ma credo che il bello di tutto questo sia ugualmente uscito; il modo di essere ha coperto un’ipotetica idea di non aver completato un giro che, dimenticato dai più, avrebbe rappresentato un must per questa porzione del Gran Paradiso. La passione si autoalimenta con un misto fra essere sereni e poter (fortunatamente) godere di questi momenti.
Partecipanti: Anna, Angeletta, Diego, Samuel, Enrico, Pier, Silvano, Augusto, Fabio, Gonzales, AleNuzzo, Nicola, Boris e Patajean…..di cui otto sono stati dei veri e propri stronzi, ma lascio a voi indovinare quali.
P.s.1 come dimenticare la figura di Dave, sempre presente e partecipe di questa avventura sino in fondo. P.s. 2 purtroppo devo aggiungere anche questa cosa: sono due giorni consecutivi che, al posto di tele2 e telecom, ricevo telefonate dalla Marcuzzi e dalle sue assistenti. Ci vogliono per le nuove campagne pubblicitarie 2013 del bifiduss…sono disposti a girare le scene al Colle….
Adesso aggiungo solo che per classificare una gita “DM+”, ossia “Di MMerda” non basta dirlo; nel nostro caso si parla di reiterazione: 5 volte moltiplicato 8 vogliono dire 40 escrementate non gratuite; robe da bio-masse o quasi macchine da letame. Insomma voglio dire che prima di classificare un itinerario è meglio pensarci su bene! Pensateci e pensate che c’è sempre qualcuno che sta peggio di voi.
Va beh….a settembre ripetiamo (che non significa replicare il peto o, peggio, immaginare altre stronzate!). Liberatevi….da queste idee.
PJ, PataJean