E’ domenica 25 marzo 2012, non si sa ancora se chi detiene il sapere delle stagioni abbia deciso di by-passare l’inverno e la primavera andando direttamente sull’estate, ma è questa la giornata nella quale un gruppo di “barboni” (chi sa capisce!) decide di intraprendere una gita-un viaggio.
A Milano non si circola in auto prima delle 19.00…………in Svizzera in questo periodo si circola sempre, ma con le pelli.
Chissà come mai ma sono anni ormai che decidiamo di fare una gita nel giorno in cui cambia l’ora e con tutti i rischi che questo comporta: tuttavia, salvo qualche e-mail in cui le lancette vanno dove vogliono, riusciamo a limitare i danni.
C’è una specie di teorema che dice che le tonalità del verde possono tendere sino al c.d. “verde Engadina”…..beh esiste anche una tonalità del bianco questa volta: un “bianco Engadina” e lo si può trovare allo Julier-Pass, forse meglio nel bacino che collega la Fuorcla d’Agnel alla Fuorcla da Flix. Lo Julier è l’unico posto in questo momento in cui un umano possa ancora distinguere le stagioni…..addirittura sul posto: salendo guardi a sinistra ed è inverno, guardi a destra ed è primavera.
In giro ultimamente la crisi ha fatto strage: c’è poca gente, ma quelli che vanno in montagna non mancano e ce ne accorgiamo appena saliamo verso il Passo. Centinaia di sci alpinisti hanno preso d’assalto questa zona, sapendo che la meteo che non sbaglia, quella svizzera, avrebbe regalato belle soddisfazioni.
Dal canto nostro siamo anche fortunati, poiché il Piz d’Agnel oggi è apprezzato e scelto solo noi, salvo un paio di italiani che però poi perdiamo e qualche svizzerotto sporadicamente disseminato qua-e-là.
Dopo un cafferino da “Poveri-Diavoli” saliamo al Maloja ed entriamo nel cuore engadinese: il lago è ghiacciato, ma incute sempre i soliti dubbi sulla resistenza portante del ghiaccio. In macchina non si parla d’altro e la materia grigia si sa……gioca brutti scherzi.
Tra l’altro veniamo da un paio di settimane in cui il cervello è stato sottoposto a lavaggi specifici, dove emisfero cognitivo ed emisfero emotivo giocano a scacchi tutti i giorni e lottano strenuamente per la Champions. Quindi vogliamo capire se anche noi verremo rapiti dal c.d. sequestro celebrale, se le idee avute in settimana sulla zona da battere sono idee che nascono dalla neocorteccia oppure se sono tipiche “del BAR, ossia Bifidus Acti Regularis” e quindi nascenti da altri siti……
Partiamo intorno alle 9.00 da poco sotto La Veduta, storica posizione del Passo: la decisione, seppur in periodo tipicamente pasquale, è quello di “sacrificarsi” per il Piz d’Agnel!!! Sacrificio che sarà ben ripagato.
La prima parte è un po’ monotona, ma ci mostra subito la faccia della nostra cima, che però per essere raggiunta deve essere circumnavigata. Arrivati alla Fuorcla d’Agnel a ca 2.980 metri scopriamo che il venticello ed i crampi staranno con noi per un po’. Scendiamo nel versante opposto con in faccia la Jenatsch-Hutte e stiamo attenti ai pendii: è una zona che solitamente richiede attenzione; noi dobbiamo svoltare a sinistra e decidiamo di farlo senza scendere troppo: una scorciatroia…..si apre davanti, ma non solo! Anche una forte emozione che tutti proviamo nel vedere il pendio pressoché intonso ed quasi del tutto immacolato che si apre davanti a noi e che porta alla Fuorcla da Flix a circa 3.070 metri. Samuel ha un sussulto che non riesce a trattenere: davanti a lui si materializza il dna della tavola, si dipana il significato etimologico della parola “Corso 2012” e del motivo per il quale lui stesso ha scelto di farlo o almeno questo è quello che ho colto guardando i suoi occhi dietro gli occhiali da sole!
Per un bel po’ di tempo metabolizziamo in maniera intestina la fatica nel trascinare le pelli verso l’alto, trick & track e andiamo avanti, nonostante i crampi non mollino Anna, ma poi in realtà è lei che molla loro (!) e in un tempo più che ragionevole raggiungiamo il deposito sci, ai piedi della cresta. Picozza e ramponi non sono necessari, mentre la quota si sente leggermente e questo inficia ancor di più la stanchezza che comincia a manifestarsi.
Siamo in vetta e veniamo alle mani…….poi foto d’obbligo e bilancio che quadra: la soddisfazione finalmente va a compensare la fatica. Solo i numeri questa volta non quadrano: in vetta ci sono 6 brianzoli e 2 teròni.
Squilla il telefono e già capiamo che ci chiamano per il pranzo: è pronta la Kazo-e-o-la!!! Silvano e Stefania hanno dovuto bigiare, purtroppo.
Torniamo al deposito sci per rifocillarci come meglio possiamo, poi la decisione: ci sono circa 1.700 metri di discesa sul versante opposto che portano verso Bivio ed il lago di Marmorera; tornare da dove siam venuti comporterebbe un ripellamento, quindi decidiamo per il “lungo-viaggio”. L’inizio è un po’ artistico, poi ci sono pendii ben sciabili e la neve tiene che è un miracolo. Un po’ paciokka, un misto tra rigelo superficiale e confettura misto acqua, ma sempre più che accettabile. Contenti e sufficientemente convinti che potevamo trovare anche “marmellata” continuiamo a scendere su uno sviluppo kilometrico che in questa zona ha pochi eguali: Samuel, ancora lui, è talmente contento che effettua parte dei traversi cantando l’aida e mettendo i pendii in rima baciata!!!
Anche Anna, in dialogo perpetuo coi crampi, se la cava egregiamente e tenuto conto che, ad un certo punto, i quadricipiti è come se non conoscessero più la loro funzione, non rimane che stringere i denti per vedere i titoli di coda laggiù…al parcheggio d’arrivo.
Alessandro e Daniele non mollano mai neanche loro, nonostante qualche comprensibile idea del tipo “ma quando finirà!?”….”ma i gettoni di solito non finiscono presto?!?”.
Siamo stanchi, ma la discesa non ha nessuna intenzione di terminare: coste-pendii-canali-ruscelli-dossi-traversi…..poi ancora coste-pendii-canali-ruscelli-dossi e traversi per finire con un bosco delle fiabe, tipico svizzero e adatto ai ciaspolatori. Manca la musica e poi potresti essere veramente in un libro, ma non si può dormire. Poi paletti colorati lasciano trapelare l’ipotesi di compiere un ultimo sforzo per raggiungere Bivio che per il momento non si vede , ma si riconosce in maniera alternativa dai pendii sovrastanti.
Abbastanza stanchi arriviamo finalmente nel punto in cui aspetteremo i nostri autisti: il parcheggio. Si, perché siamo scesi molto più in basso rispetto al punto in cui abbiamo lasciato le auto. Qui è abbastanza canonico trovare un passaggio in auto-stop ed infatti ci mettiamo poco a trovare quello giusto.
Confidiamo nel traffico limitato degli ultimi mesi e ci azzecchiamo in pieno.
E’ stato bello terminare la gita ad un Bivio non qualsiasi, unire a Bivio i due emisferi celebrali che difficilmente coincidono, non avere dubbi sulla bellezza della gita nonostante fossimo a….. Bivio.
Al ritorno c’è solo il tempo di raccogliere l’acqua di Saint Moritz, anziché quella del Badile (…però, come dicono i migliori acquologhi, l’acqua va cambiata spesso).
……comunque essere ad un Bivio è esattamente come cercare di scrivere qualcosa di fronte ad un programma il lunedì sera su Rai 2: qui si che c’è sequestro neuronale. Il solito programma è quello di Kazzinger, dove tutto l’impossibile diventa cosa ridikola, dove ogni cosa suscita un ‘enfasi devastante e quando vai a letto ti ritrovi di fronte a dubbi o incubi pazzeschi. Ad un certo punto conviene riprendere in mano la situazione spegnendo il televisore, magari facendo un fischio al vecchio e amato “Bifidus”…..
Partecipanti: Anna, Samuel, Fabio, GigiM, Alessandro, Daniele, Barney e Patajean. Purtroppo i capo-gita oggi hanno dovuto mollare, ma sarà senz’altro per la prossima. Oggi circa 17 km di sviluppo tra salita & discea: una gita da Gratakù.
Adesso occorre stare in quota: qualche giro è già in pentola e si pensa anche di avere in mano il tempo giusto per la cottura!
Némm che vémm.
PJ