Un weekend del genere non si dimentica presto, al di là di dove si è andati e di cosa si sia estratto dal cilindro; qui il cappellino era di media grandezza e i dubbi legati al pericolo valanghe ci hanno costretto ad una valutazione estremamente attenta.
Ci abbiamo messo quattro giorni, forse più, per capire dove andare e cosa fare; l’alternativa dell’Adula rimarrà a lungo incompresa e nascosta, così come l’occasione persa per un bivacco nel bivacco, però alla fine la Val di Rhèmes nel gruppo del Gran Paradiso, almeno quanto a panorama, non chiede niente agli altri!
Oggi, a posteriori, potremmo sostenere che il senso della “Valle” per la neve è piuttosto un sesso per la Valle……perché l’apoteosi del godimento (inguinale aggiungerei!) si può avere ovunque, ma sicuramente oggi è stato supremo, poi capiremo anche perché. Ad un certo punto, durante la discesa, ci è apparsa anche la modella ucraina di “Intimissimi” che si divincolava sul Roc du Fond, per mostrarci le grazie dei nuovi modelli di primavera 2011…….o forse anche il Fond du Schien…quindi è stato per forza bello ed è stato soprattutto vero!!!!
Una due-giorni coi fiocchi (caduti prima e lì per noi): almeno 50 cm in alto ed una sciata da paragonare alla pubblicità di molti anni fa della “Vecchia Romagna etichetta nera”, con la musica classica di sotto-fondo.
Quasi quasi replicavamo il “parallelo di Natale”. Mentre scendevamo abbiamo visto di tutto: i numeri giusti del 5+1, chi vince lo scudetto, chi ha ucciso Laura Palmer, l’Erzigova che voleva fermarci per un passaggio…….ma noi niente: dritti!!!
Neve di tipo “00” sotto le solette, quasi neanche a sentirla; talmente bella e soffice che quasi quasi è da classificare come una delle più belle nevi viste e sciate, anche considerata la lunghezza del percorso in cui si è mantenuta in queste condizioni. Anche l’esposizione gioca un ruolo di fondo, ma tant’é.
Partiamo consci del fatto che la Punta Calabre si può fare anche quando il rischio è marcato e sappiamo che nei giorni scorsi la neve caduta è stata tanta, anche bagnata e “kagata giù” in un baleno, forse in troppo poco tempo per non essere pericolosa. Alle 10.30 del sabato più o meno siamo a Rhèmes, dopo aver parlato di plutonio ed uranio arricchito e di come risolvere alcuni dei problemi dell’umanità, afflitta da continue peripezie. Il potente mezzo di Renzo Kammerlander ogni volta stupisce i palati più fini; il sensore posteriore che misura la vicinanza degli ostacoli ci fotte in un paio di occasioni, perché molto simile al suono dell’artva….cerchiamo qualche macchina persa e in condizioni di stare vicino al bolide!
Con noi anche un paio di altre Scuole accreditate nel jet-set dello scialpinismo; al rifugio saremo in 70 persone (con due piccoli cessi!!!!!). Il rifugio Benevolo non è cambiato praticamente mai; da circa 30 anni resiste nei sue fattezze legnose e scricchiolanti.
La salita al rifugio si svolge praticamente su un terreno perfettamente piatto, dove immaginiamo già le imprecazioni del ritorno; si tratta di circa 8 km, anche in salita, dove l’armonia del paesaggio regna sovrana, almeno sino al ponticello che porta sulla sinistra orografica (d’estate si sta a destra) proprio sotto un pendio da “paura & paniko”; qui si che il concetto del “kagar giù” diventa etimologicamente concreto!!! E meno male che tutto quello che doveva succedere era già successo, perché l’igiene non è di questo posto, quindi ocio se ci andate con parecchia neve.
E’ una classica ma è bene capire cosa è successo nei giorni precedenti.
Ci posizioniamo nelle camere assegnate (praticamente per salire al 3° letto, l’impegno complessivo è AD+ e se non fosse coperto ci sarebbe anche qualche passaggio di misto!) e poi mangiucchiamo qualcosa prima di ripetere le manovre di recupero dal krep. Fa freddo e se le nuvole spariscono si sente proprio tutto. Il tempo passa e cominciamo a valutare i pendii di salita, considerato che lo schizzo di rotta prevede una Grande Esse per portarsi in quota e sotto la Granta Parei. Un giro lungo, ma necessario per evitare “i premi”.
Per mangiare è il caos; noi siamo alle ore 20.00, mentre prima ci sono le altre scuole: un casino che metà ne basta, siamo costretti a riposare in branda, poiché gli spazi sono miseri e fuori c’è la volpe che rompe il packaging, perché vuole solo mangiare….e non ci porta gli zaini.
In compenso è una serata di luna piena, più grossa del solito e da macchina fotografica.
La cena è più che apprezzata: tutto è buono e non mancano i bis. Giorgio Primo Re di Rhèmes non si accontenta del menù e va giù duro (già appena arrivati ha chiesto una hostess, la ceramica sul tavolo esterno, la donna di servizio per i cessi!), con due belle fette di formaggio (zola e fontina!), poi non contento ha cominciato a preparare una nota credito per reclami in quanto in camera mancavano le pattine!!!
Molto presto arrivano le 22.00 quando non resta che coricarsi spostando la panza piena di leccornie non ancora digerite: alla fine le appoggeremo negli unici angoli utili in attesa che il fegato e lo stomaco si chiariscano le idee su chi deve occuparsi del “compostaggio”!!!!….ogni tanto interviene anche il kulo, spesso non d’accordo, con urla e schiamazzi.
Le stanze diventano presto invivibili e simili a camere a gas; di notte non riusciremo a fare una tirata unica per varie ragioni. E pensare che nei corridoi ci sono dei cartelli stradali con indicate le cd “cadute di corpi”…….si, perché dormire qui fa paura e ne sanno qualcosa Silvan, Stefy e Renzo che alle 2.00 di notte hanno dovuto alzarsi con l’elicottero per recuperare quello del 3° piano che è caduto al suolo, spetasciandosi la spalla uscita anche di sede!!!! Dopo un colpo da tric-trac, modello “dàmm ùl brascchhh che t’al méti a poòst meee”, ecco che il ferito si porta stancamente al cesso per far passare lo spavento e poi nuovamente a letto per dormire, anche perché ormai per lui la gita è compromessa.
Colazione ore 6.20 e solito caos; è inutile dirlo, ma chissà perché in queste circostanze uno deve sempre scoprire la natura bastarda che avvolge il popolo italico, seguendo il principio che nel caos, qualcuno deve per forza ciurlare nel manico e/o fregare il prossimo; era già successo che qualcuno di noi si vedesse portare via (o cambiare) gli scarponi ed è successo ancora. La cosa schifosa è che nessuno dice nulla e tutto finisce qui! Per forza che poi gli stranieri si lamentano: i furbi è meglio che stiano altrove. Probabilmente arriveremo a costruire rifugi come palazzi, con stanze enormi atte ad accogliere le persone che si porteranno in camera anche la macchina, per paura che qualcuno freghi il prossimo o faccia il furbo.
Partiamo alle 7,30 della domenica in last position, quando una scuola è già alta verso la Galisia, mentre l’altra è davanti a noi verso la nostra stessa meta. Oggi il motto è “andiamo al ritmo della Gran Va-u-adasi”…..con calma e passo redditizio, i “gatti delle nevi” li accendiamo quando servono. Non qualunquemente indirizzati e mai stancamente domi, continuiamo inesorabili verso la meta, raggiunta dopo oltre 4,5 ore (!); sapendo che c’è stato un macro-bilanciamento fra il godimento galattico del panorama e la stanchezza subentrata.
Verso il colle della Tsanteleina (dove il paretone nord della stessa cima appare più che maestoso) decidiamo di legarci poiché non sappiamo che sorprese contenga questo ghiacciaio, raccomandato come crepacciato sulle relazze. Quando arriviamo in cima l’estasi cessa di essere pastiglia e diventa parte del DNA; è come girare il mappamondo, ma solo dove interessa a te; siamo una quarantina di persone. Da notare che nessuno ci ha dato il cambio, anzi complimenti al Gonza e ai due allievi perfettamente inseriti nel contesto della fatica e dello sbattimento, che hanno tracciato sempre e comunquemente. Dagli altri, ma pochi, un misero grazie (graziano!)….poi la ricompensa. E’ stato come rimpossessarsi degli scarponi rubati oppure soffiare il panino già spalmato di nutella a chi ha tutto proprio mentre cerca di addentarlo!!!
Siamo partiti disegnando letteralmente tutta la traccia desiderata, con ripresa annessa grazie alla cinepresa di Giorgio.
Nessuno, ma proprio nessuno degli altri ha mai potuto ne osato (è una consuetudine di cui noi abbiamo usufruito) superarci.
Neve bella fin quasi al rifugio quindi niente da dire; poi solo strudel, torte, birre e voglia di restare…..ma, ma bisogna ritornare e ripassare velocemente dai punti critici dell’andata. Noi lo facciamo a modo nostro, ma evidentemente le scodelle piene di “affari propri” non sono mai abbastanza.
Qualcuno decide che il piacere della discesa si può apprezzare anche tenendo le pelli (ovviamente c’era un perché), ma evidentemente “non ne aveva ancora abbastanza”!!!
Il sole cuoce tutto, faccia, orecchie e fatica…….mentre l’ultimo episodio è solo degno di cronaca nera, nel senso che alcuni imbecilli sono sfrecciati sul sentiero finale a velocità troppo sostenuta e col rischio di falciare se non peggio, le persone ed i bambini che in tranquillità passeggiavano (il sentiero è praticamente la strada che d’estate viene percorsa da centinaia di persone!); il bello è che si sono pure sentiti in dover di mandare al diavolo questi poveretti impauriti dalle modalità, ma soprattutto dalle velocità, che in qualche modo hanno quindi manifestato il loro disappunto……e pensare che si tratta di gente di una certa età e professionisti di certe scuole!!!!
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Resta l’odissea del ritorno, dove solo 2 kg abbondanti di kazzate impediscono a Renzo di vacillare (sempre attento al volante e mai stanco!) e a noi di passare il tempo senza annoiarci, mentre Silvan si è fatto Aosta-Santhià fuori dal pullmino con le pelli, agganciato con la corda del nove……..insomma alla fine ne ha proprio “fatta una pelle”!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
Qualche piccolo altro episodio rimasto:
· Al nostro arrivo, il Gonza provvede a kazziare due persone che hanno chiesto se potevano immaginare di salire verso il rifugio; “senza artva è da non pensare”……erano 2 di Mestre…..probabilmente li ritroveremo su Studioaperto in qualche notizia di suicidio, magari con un sasso al collo!;…poveri.
· I cessi hanno il cestino porta carta igienica (sporca!) ad altezza “viso”, con inesorabile senso di malessere interiore; magari in un angolo in basso farebbero più male alla vista, ma meno al pensiero in sé. Basta un piccolo sforzo ed un’idea migliore;
Complessivamente gita non difficile, ma con sviluppo enorme (solo 25 km nella giornata di domenica), mentre il dislivello è accettabile e pari a 1.775 metri totali.
Manca l’ultima uscita e se tutto va bene andremo in un altro bel posto; partecipanti: Stefy, Silvan, Girgio I Re di Rhèmes, Roberto, Renzo, Boris, Max e Patajean.
Alla prox e sempre con la passione, quella autentica, al massimo!
PJ