Entrare nel gruppo del Bianco è sempre una scoperta; entrarvi per alcune vie secondarie lo è ancora di più, perché oltre a viverlo lo puoi vedere, magari da versanti che sono meno comuni; sei lì, giri le pagine e ti accorgi che le hanno viste in pochi, perché la massa gira sempre le solite , che sono gialle e consumate. Sfruttare una giornata come quella di ieri, dopo una nevicata …..aiuta gli occhi, la macchina fotografica,….la borraccia e la voglia di continuare.
Questo è un altro weekend ben apparecchiato, solo di domenica però!
Il Petit Mont Blanc è una cima sulla cima, qualcosa di speciale che Qualcuno ha messo lì in un modo assai particolare, perché parti per il Bivacco Rainetto e poi ti ritrovi questa specie di “cammello” dalle gobbe dorate che ti aspetta per metterti di fronte ad un panorama da paura. Che ci fosse anche la cugina del cammello (…la cammellata!!) ce ne siamo accorti quasi subito, visto che la decisione di fare tutto in giornata non è stata per niente sbagliata, però che allenamento!
Oggi sto viaggiando nei corridoi con la scrivania: la sto tirando in giro coi quadricipiti infiammati, ma turbo-rispondenti.
Quando da Plan Lognan vedi il dosso del Bivacco e la cima, ti viene già il primo embolo facile, poi il contesto generale, il tifo degli stambecchi, il panorama che si apre dalla cima, ti fanno rispondere come quando ti versano ancora un po’ di pasta pomodoro e basilico nel piatto: “ma si, cià che mangium!”.
Si parte presto perché in giornata non hai quasi il tempo per andare neanche in bagno, anzi a quell’ora è già tanto che ne abbiamo trovato uno aperto!
Siamo arrivati in Val Veny soli, praticamente con la vegetazione che si stava svegliando, ma le cime e i Piloni erano già infiammati di rosso. Partiamo decisi e non possiamo non vedere davanti la meta e la sua distanza; fortunatamente vediamo il sole al Lago del Combal e cominciamo a salire; lo sviluppo totale è di poco superiore ai 1.700 metri e quindi bisogna darci dentro altrimenti i tempi ci ciulano e non abbiamo assolutamente intenzione di dormire in giro!
Il canalone che dà accesso alle placconate superiori e antistanti il Bivacco fa abbastanza inorridire, però è l’unico punto percorribile; tutto sommato la presenza di stambecchi e camosci ci rende il momento più katartiko, mentre l’assoluta mancanza del genere umano ci testimonia ancora una volta come la scelta degli itinerari non sia affatto uno sport inutile. Meno male che le alpi sono grandi e le possibilità infinite!
I camosci da queste parti, per passare il tempo, giocano alle “patatine”: praticamente si passano il piatto gli uni gli altri…….finché qualche pallino da cacciatore non finisce per beccarli! Detto così potrebbe anche far ridere, ma pensare a cacciatori in questi contesti, fa un po’ tristezza; anche perché questi quadrupedi non rompono l’anima a nessuno e tu, quando passi, ti rendi conto che l’estraneo in qualche modo……sei proprio tu. Ognuno comunque va a caccia delle emozioni in cui crede anche se per prenderle non necessariamente bisogna sparare.
Intorno ai 2.800 metri praticamente la zona è come se “si tirasse giù le mutande!”….nel senso che cominci a vedere tutto e quindi l’emozione diventa palpabile: dalla Grivola passando per il Rutor e fino alle montagne della Val d’Isère con la Nord della Gran Casse in faccia. Inutile parlare del Bianco, perché in pratica gli siamo abbracciati sopra…….peccato solo per il versante opposto della Val Veny, che può essere anche bello, ma in quel contesto fa un po’ schifio!
Alle 12,30 siamo al Bivacco Rainetto, posto su una rupe a circa 3.050 metri come un nido d’aquila; un classicone rosso fuoco da 9 posti tenuto anche bene. Ci rifocilliamo e poi via: gambe nuovamente in spalla nonostante avessimo già cinque ore sul groppone! Devo dire onestamente che le ragazze non hanno mai voluto mollare ed è stato un bene , perché il sottoscritto ad un certo punto, dopo ca 420 minuti di “partita” più o meno ininterrotta, aveva pensato che un ritorno era….dovuto ed avrebbe anche e comunque richiesto un impiego di forze non indifferente!
Invece in 1,15 ore siamo saliti e scesi dalla cima: neanche Ghedina ai tempi d’oro faceva le “gobbe del cammello” in Val Gardena ad una tale velocità!!!!
Dalla cima del Petit Mont si può proseguire verso l’Aiguille de Trelatete in un giro che spannerebbe gli occhi anche ad un cieco, oppure ci sarebbe un canale di 800 metri sulla dx da scendere con gli sci….non proprio impossibile! Che posticino…..
Forse bisognerebbe venire qui con calma due giorni, ma se le forze ci sono si riesce ad assaporare il brivido del bello lo stesso.
Alle 14.30 siamo di nuovo al bivacco per rifocillarci, il tempo stringe anche se improvvisamente è come se avessimo guadagnato una mezza giornata; anche a me adesso la situazione dà un’impressione totalmente diversa. Quindi cominciamo una discesa infinita, tra placconate che disturbano l’equilibrio, camosci che si kagano addosso dall’emozione ed il fondo valle che sembra non avvicinarsi mai! Lo vedi dall’alto ed è come vedere un’immagine dal satellite……..è lontano porca di quella Wacca!
Anche lo spauracchio delle patatine sembra svanito.
Il fatto che per così tante ore non vedi proprio nessuno è bello, ma ogni tanto sembra strano.
Ci fermiamo per un pediluvio, ma l’acqua non si può toccare per berla: sarebbe un danno. La sete monta….e manca ancora parecchio. Si riparte e finalmente tocchiamo la strada che dovrebbe riportarci alla macchina; da qui anche se mancano ca 200 metri di dislivello, è “piatta” o almeno il fondo è meno rompiballe. Anche gli umani cominciano a tornare di moda e finalmente anche l’auto.
E’ una delle poche volte in cui desidero potermi ri-disegnare la riga del kulo col pennarello immaginando le terga depositate a lungo sui sedili! Cerco di leggere la stessa cosa sui volti “silvani” di Simona e Assunta: in effetti non mi basta…….quello che c’è scritto bisognerebbe leggerlo con più tempo!!!!
Adesso un ultimo sforzo per tornare a casa: insomma un bel giro abbondante dell’orologio, un bel po’ di metri macinati in sviluppo e dislivello e forse anche l’idea di tornare presto da queste parti.
Niente di difficile, ma bisogna essere muniti di tanta voglia! Complimenti al gentil sesso.
Lo chiamano Petit, ma proprio piccolo non è.
Simona, Assunta e Patajean.
PJ